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Senza fattura i prodotti venduti on line a privati Ue

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La vendita di prodotti attraverso l’utilizzo di piattaforme on line, da parte di soggetti passivi IVA, rientra nell’ambito del cosiddetto commercio elettronico “indiretto”. Si tratta di operazioni caratterizzate da una transazione monetaria telematica alla quale fa seguito una spedizione di beni mobili materiali (in quanto tale, “indiretta”).

Ai fini IVA, le operazioni di commercio elettronico “indiretto” (vale a dire le cessioni di beni on line) sono riconducibili alla disciplina delle vendite per corrispondenza (ris. Agenzia delle Entrate 5 novembre 2009 n. 274).
Le vendite per corrispondenza si caratterizzano per il fatto che la determinazione del cliente all’acquisto si realizza sul catalogo (nella specie, disponibile in forma telematica), mentre la consegna dei beni viene poi effettuata tramite servizio postale o con mezzi di trasporto cui provvede la ditta venditrice. Rientrano nella fattispecie delle vendite per corrispondenza anche le vendite a domicilio, sempre che la consegna dei beni, oggetto degli ordini, non sia contestuale alla raccolta degli ordini stessi (al riguardo, la C.M. 4 aprile 1997 n. 97, § 3.1).

Per le cessioni effettuate a “privati” nel territorio dello Stato, vige un regime (facoltativo) di esclusione dagli obblighi di certificazione dei corrispettivi. Nello specifico:
– l’art. 22 comma 1 n. 1) del DPR 633/72 esclude l’emissione della fattura  per le “cessioni di beni effettuate da commercianti al minuto (…) per corrispondenza”;
– l’art. 2 comma 1 lett. oo) del DPR 696/96 esonera da ulteriori forme di certificazione fiscale le “cessioni di beni poste in essere da soggetti che effettuano vendite per corrispondenza, limitatamente a dette cessioni”.

Considerazioni diverse devono essere svolte, invece, per i beni che, acquistati telematicamente, sono inviati per corrispondenza in altri Stati dell’Unione europea.
Per quello che qui interessa, vale a dire le vendite a distanza di beni mobili materiali, nei confronti di privati, infatti, il legislatore comunitario (art. 33 della direttiva 2006/112/CE) ha previsto, al di sotto di una specifica soglia monetaria, una deroga al regime IVA degli scambi intracomunitari di beni, con conseguente tassazione nello Stato di partenza dei beni.

Affinché si applichi la suddetta deroga territoriale, l’importo globale annuo delle vendite a distanza deve essere inferiore a 100.000 euro, ovvero al diverso limite previsto dallo Stato del cessionario per gli acquisti “a distanza”. Gli Stati membri, difatti, possono ridurre la soglia monetaria sugli acquisti fino a 35.000 euro, ai sensi dell’art. 34, par. 2, della direttiva 2006/112/CE.

La disciplina è recepita, a livello nazionale, dall’art. 41 comma 1 lett. b) del DL 331/93, secondo cui le cessioni di beni “per corrispondenza e simili” nei confronti di privati non si considerano “cessioni intracomunitarie” di beni se l’ammontare delle stesse, con riferimento allo Stato di destinazione, è inferiore a 100.000 euro (ovvero in relazione al minore importo eventualmente definito da tale Stato). In tale ipotesi, l’operazione è tassata in Italia, secondo le ordinarie disposizioni nazionali.
A prescindere dall’avvenuto superamento della soglia annua monetaria, il cedente può comunque optare per l’imposizione nello Stato di destinazione, esercitando l’opzione nella dichiarazione IVA relativa all’anno precedente ovvero nella dichiarazione di inizio attività.

Definite le regole di territorialità IVA applicabili alle vendite per corrispondenza di beni inviati in un altro Stato della Ue a “privati”, ne discende un diverso regime ai fini della certificazione dei corrispettivi:
– le vendite qualificate come “cessioni intracomunitarie” sono soggette a fatturazione a norma del combinato disposto dell’art. 46 commi 2 e 3 del DL 331/93 e dell’art. 21 del DPR 633/72, risultando inapplicabile la deroga dall’obbligo di fatturazione di cui all’art. 22 del DPR 633/72 prevista per le cessioni “interne”;
– le vendite assoggettate ad IVA in Italia possono fruire dell’esonero dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi, rientrando nell’ambito di applicazione dell’art. 22 del DPR 633/72 (in quanto vendite “interne”) e dell’art. 2 comma 1 lett. oo) del DPR 696/96.

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