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REVERSE CHARGE – NOVITÀ 2015

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Dal 1° gennaio 2015, il meccanismo di inversione contabile (cosiddetto Reverse Charge), che implica l’applicazione dell’Iva da parte del cliente, anziché del fornitore, si applica a ulteriori operazioni rispetto a quelle precedentemente previste.

A seguito della modifica dell’art. 17, co. 6, D.P.R. 633/1972, diventano soggette a reverse charge le prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative a edifici, nonché i trasferimenti di quote di emissione di gas a effetto serra, le cessioni di gas ed energia elettrica effettuate nei confronti di soggetti rivenditori e, salvo autorizzazione da parte dell’Unione europea, le cessioni di beni effettuate nei confronti di ipermercati, supermercati e discount alimentari.

Attraverso, invece, l’integrazione dell’art. 74, co. 7, D.P.R. 633/1972, il reverse charge si applica non solo alle cessioni di rottami, cascami e avanzi di metalli ferrosi, come già previsto, ma a quelle di bancali di legno (pallet) recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo.

  1. Reverse charge

In virtù del regime Iva di inversione contabile (cd. reverse charge) una serie di obblighi attinenti alle modalità di assolvimento dell’imposta, che normalmente gravano sul cedente o prestatore, vengono viceversa posti a carico del cessionario o committente.

Tale regime è dettato in deroga al meccanismo di detrazione e rivalsa dell’Iva, in base al quale il debitore dell’imposta è il soggetto che ha effettuato l’operazione e a lui compete l’obbligo di rivalsa nei confronti del proprio cessionario o committente.

La normativa comunitaria che disciplina le possibili deroghe che gli Stati membri possono adottare al regime ordinario di contabilizzazione e fatturazione dell’Iva è prevista nelle disposizioni contenute dagli artt. 199, 199-bis e 395, Direttiva 2006/112/CE, in base alle quali gli Stati membri possono stabilire che l’Iva sia dovuta dal cessionario o committente, in luogo del cedente o prestatore del servizio.

L’art. 1, co. 629, 631 e 632, Legge di Stabilità 2015 (L. 23 dicembre 2014, n. 190) ha esteso l’applicazione del meccanismo del reverse charge ad ulteriori operazioni rispetto a quelle precedentemente già previste, ed in particolare ad alcune cessioni di beni effettuate nell’ambito del settore energetico, della grande distribuzione e dei bancali di legno recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo (cd. pallet), nonché ad ulteriori prestazioni di servizi rese nell’ambito del settore edile.

Da ultimo è intervenuta la C.M. 27.3.2015, n. 14/E al fine di fornire i primi chiarimenti in ordine alle novità fiscali introdotte in materia di reverse charge per consentire agli operatori del settore un’agevole applicazione delle disposizioni in argomento.

  1. Estensione delle operazioni soggette al reverse charge

Dal 1° gennaio 2015, il meccanismo di inversione contabile, che implica l’applicazione dell’Iva da parte del cliente, anziché del fornitore, si applica a ulteriori operazioni rispetto a quelle precedentemente previste.

Come già anticipato in premessa, l’art. 1, co. 629, 631 e 632, Legge di Stabilità 2015 ha previsto una estensione dell’applicazione dell’Iva con il meccanismo del reverse charge a nuovi settori di attività, relativi al comparto edile (prestazioni di demolizione, installazioni di impianti e completamento di edifici), ai servizi di pulizia negli edifici, al settore energetico e alla cessione di beni alla grande distribuzione organizzata.

Il meccanismo di inversione contabile, che comporta l’assolvimento dell’Iva da parte del cessionario soggetto passivo d’imposta, è applicabile alle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2015, ad eccezione delle cessioni di beni nei confronti della grande distribuzione (ipermercati, supermercati, discount alimentari), per le quali l’entrata in vigore della nuova disciplina è subordinata all’ottenimento di un’apposita autorizzazione da parte del Consiglio dell’Unione europea.

Si ricorda che l’estensione delle operazioni per le quali si applica il reverse charge è avvenuta, da parte della Legge di Stabilità 2015, nel rispetto delle disposizioni comunitarie, vale a dire degli artt. 199 e 199-bisDirettiva 2006/112/CE, che consentono agli Stati membri, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi oggetto del nuovo intervento normativo, di prevedere che l’Iva sia dovuta dal cessionario/committente anziché dal cedente/prestatore.

Pertanto, tenendo come riferimento la matrice comunitaria, il Legislatore nazionale ha modificato l’art. 17, co. 6, D.P.R. 633/1972, diventando ora soggette al regime del reverse charge le prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative a edifici, nonché i trasferimenti di quote di emissione di gas a effetto serra, le cessioni di gas ed energia elettrica effettuate nei confronti di soggetti rivenditori e, salvo autorizzazione da parte dell’Unione europea, le cessioni di beni effettuate nei confronti di ipermercati, supermercati e discount alimentari.

Attraverso, invece, l’integrazione dell’art. 74, co. 7, D.P.R. 633/1972, il meccanismo del reverse charge si applica non solo alle cessioni di rottami, cascami e avanzi di metalli ferrosi, come già previsto in passato, ma a quelle di bancali di legno (cd. pallet) recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo.

Più nel dettaglio, le nuove operazioni che devono essere fatturate mediante applicazione del regime Iva di inversione contabile (o reverse charge) possono essere riassunte secondo il seguente schema, tenendo conto che le disposizioni da ultimo introdotte hanno una efficacia temporale differenziata in base alla tipologia di operazioni alle quali fanno riferimento.

Tabella n. 1 – Estensione del regime del reverse charge a nuove operazioni

Trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra e di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori, nonché di certificati relativi all’energia e al gas (di cui alle lett. d-bis e d-ter, aggiunte all’art. 17, co. 6, D.P.R. 633/1972; Operano a far data dal 1° gennaio 2015 e fino al 31 dicembre 2018
Cessioni di gas ed energia elettrica ad un soggetto passivo rivenditore (di cui alla lett. d-quater aggiunta all’art. 17, co. 6, D.P.R. 633/1972; Opera a far data dal 1° gennaio 2015 e fino al 31 dicembre 2018
Cessioni di beni effettuate nei confronti di ipermercati, supermercati e discount alimentari (di cui alla lett. d-quinquies aggiunta all’art. 17, co. 6, D.P.R. 633/1972); È applicabile ad un periodo transitorio di 4 anni, ma la sua efficacia è subordinata al rilascio della necessaria autorizzazione da parte del Consiglio dell’Unione europea
Cessioni di bancali di legno (pallet) recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo (di cui all’art. 74, co. 7, D.P.R. 633/1972, come modificato dalla Legge di Stabilità 2015); Opera a far data dal 1° gennaio 2015 senza alcun limite di tempo
Prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici (di cui alla lett. a-ter aggiunta all’art. 17, co. 6, D.P.R. 633/1972). Opera a far data dal 1° gennaio 2015 senza alcun limite di tempo
  1. Modalità di applicazione dell’imposta per le operazioni soggette a reverse charge

Come anticipato in premessa, il meccanismo di applicazione di inversione contabile (cd. reverse charge) deroga alle modalità ordinarie di applicazione dell’Iva e l’imposta è applicata direttamente dal cessionario/committente.

Infatti, sotto il profilo operativo, ai sensi di quanto previsto dall’art. 17, co. 5, D.P.R. 633/1972, il regime del reverse charge prevede l’assolvimento dell’Iva da parte del cessionario soggetto passivo d’imposta.

A tal fine:

  • la fattura è emessa dal cedente/prestatore senza addebito di Iva con l’annotazione «inversione contabile» e l’eventuale indicazione della norma;
  • la fattura è integrata dal committente/cessionario con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta;
  • la fattura è annotata dal cessionario sia nel registro delle fatture emesse o corrispettivi (entro il mese di ricevimento o anche successivamente, ma comunque entro 15 giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese) sia nel registro degli acquisti.

L’obiettivo del meccanismo, come è noto, è quello diridurre il rischio di evasione dell’imposta: invertendo l’onere del versamento (dal cedente al cessionario), si evita in sostanza che l’acquirente porti in detrazione il tributo che potrebbe non essere corrisposto all’Erario da parte del cedente.

Tabella n. 2 – Modalità applicative del regime di inversione contabile

La fattura, per le operazioni soggette al meccanismo del reverse charge deve essere:

  • emessa, dal cedente/prestatore, senza addebito dell’imposta, con l’annotazione «inversione contabile» e con l’eventuale indicazione della norma di riferimento;
  • annotata nel registro delle fatture emesse (di cui all’art. 23, D.P.R. 633/1972) entro 15 giorni, nell’ordine della numerazione e con riferimento alla data di emissione.
In base all’art. 17, co. 5, D.P.R. 633/1972, il cessionario/committente, una volta ricevuta la fattura, deve:

  • integrarla con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta;
  • annotarla nel registro delle fatture emesse (di cui all’art. 23, D.P.R. 633/1972), entro il mese di ricevimento, ovvero anche successivamente, ma, comunque, entro 15 giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese e, ai fini dell’esercizio del diritto di detrazione, nel registro degli acquisti (di cui all’art. 25, D.P.R. 633/1972).
  1. Operazioni soggette a reverse charge nell’ambito del settore edile (art. 17, co. 6, lett. a) e a-ter), D.P.R. 633/1972)

La nuova formulazione della lett. a, coordinata con la lett. a-ter, di nuova introduzione, dell’art. 17, co. 6, D.P.R. 633/1972, comporta sostanzialmente l’estensione del reverse charge anche ai contratti di appalto (non solo di subappalto), relativi ad alcune prestazioni di servizi rese nel settore edile e consistenti in demolizioni, installazione di impianti, e completamento di edifici.

Tali prestazioni, ora espressamente previste dalla nuova lett. a-ter, erano già ricomprese nella più ampia sezione F della tabella Ateco 2007 e, fino al 2014, applicavano il reverse charge solo in presenza di subappalto reso nei confronti di un soggetto passivo esercente un’attività riconducibile al settore edile.

Reverse charge fino al 31.12.2014

Per comprendere con maggiore precisione gli effetti delle nuove disposizioni sul settore edile, è necessario riepilogare sinteticamente le condizioni di applicazione del reverse charge, nel medesimo settore, in vigore già dal 1° gennaio 2007.

Il reverse charge era applicabile alle prestazioni di servizi rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese di costruzione o ristrutturazione di immobili o nei confronti dell’appaltatore principale o di altri subappaltatori. Il meccanismo non era applicabile, per espressa previsione normativa, alle prestazioni rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata al committente la totalità dei lavori.

Il settore «edile» era stato individuato, dalla C.M. 29.12.2006, n. 37/E con riferimento alle attività riconducibili ai codici previsti nella sezione F della tabella Atecofin 2004 (ora, Ateco 2007).

Le condizioni richieste dalla lett. a all’epoca vigente, ai fini dell’applicazione del reverse charge, erano quindi le seguenti:

  • doveva trattarsi di una prestazione di servizi edili resa nell’ambito di un contratto di subappalto (non di appalto);
  • subappaltatore e appaltatore dovevano svolgere un’attività riconducibile ad un codice ricompreso nel settore F della classificazione Ateco (non aveva rilievo l’attività svolta dal committente principale, destinatario finale dei lavori, estraneo alla disciplina).

Reverse charge dal 1° gennaio 2015

La Legge di Stabilità 2015 ha modificato la lett. a, limitata ai rapporti di subappalto, escludendone l’applicazione alle operazioni ora individuate nella nuova lett. a-ter (cioè, demolizioni, installazione di impianti, completamento di edifici). Da ciò consegue che il reverse charge è applicabile a tali specifiche prestazioni (già rientranti nella sezione F Ateco 2007) non solo nel caso di subappalto, ma anche di appalto.

La Relazione illustrativa al disegno di Legge di Stabilità 2015 è di ausilio per comprendere il coordinamento delle lett. a e a-ter. Il Legislatore, infatti, chiarisce che «(…) rispetto alla disposizione generale di cui all’art. 17, co. sesto, lettera a), concernente le prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile, la previsione di cui alla lettera a-ter) elimina l’operatività della limitazione soggettiva in relazione alle prestazioni di demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici. Per tali ultime prestazioni di servizi, il sistema dell’inversione contabile si applica in ogni caso, a prescindere dalla circostanza che le prestazioni siano rese da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore o che siano rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori. Conseguentemente per chiarezza, nella lettera a) è inserita la precisazione che dal relativo ambito sono escluse le operazioni di cui alla successiva lettera a-ter).»

La nuova lett. a-ter individua espressamente le prestazioni (demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici) per cui, dal 1° gennaio 2015, si applica il meccanismo del reverse charge indipendentemente dal fatto che l’attività sia posta in essere nell’ambito di un contratto di subappalto.

Si ritiene, come affermato in precedenza, che il criterio più corretto per individuare le sopraindicate prestazioni, sia quello di prendere a riferimento la classificazione delle attività economiche Ateco 2007, la cui sezione F era già stata utilizzata dall’Amministrazione finanziaria per individuare le prestazioni di servizi rese in subappalto nel «settore edile».

Nella sezione F, le attività di «demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici» sono espressamente menzionate nei seguenti gruppi della sezione F:

  • 43.1 Demolizione e preparazione del cantiere edile
  • 43.2 Installazione di impianti elettrici, idraulici ed altri lavori di costruzione e installazione
  • 43.3 Completamento e finitura di edifici

Pertanto, in considerazione della formulazione letterale utilizzata dal Legislatore nella lett. a-ter, si ritiene che il reverse charge sia applicabile, dal 1° gennaio 2015, alle attività contraddistinte dagli specifici codici rientranti nel gruppo 43.1 (demolizione), nel gruppo 43.2 (installazione di impianti) e nel gruppo 43.3 (completamento di edifici), della sezione F con le precisazioni che seguono.

Per quanto concerne, inoltre, la definizione di «edificio» al quale la lett. a-ter fa testuale riferimento la C.M. 14/E/2015 precisa, in via preliminare, che da un punto di vista fiscale non si rinviene, in ambito Iva, una definizione di edificio.

La Circolare in commento, per circoscrivere al meglio l’ambito di applicazione dell’estensione dell’inversione contabile nel settore edile, ha ricordato i contenuti dell’art. 2, D.Lgs 192/2005 e la R.M. 46/E/1998, ove, riprendendo la C.M. Lavori pubblici 23.7.1960, n. 1820, è stato precisato che per «edificio e fabbricato si intende qualsiasi costruzione coperta isolata da vie o da spazi vuoti, oppure separata da altre costruzioni mediante muri che si elevano, senza soluzione di continuità, dalle fondamenta al tetto, che disponga di uno o più liberi accessi sulla via, e possa avere una o più scale autonome».

In base alla ricostruzione normativa sopra operata, pertanto, si è dell’avviso che il Legislatore, utilizzando il riferimento alla nozione di edificio, abbia sostanzialmente voluto limitare la disposizione in commento ai fabbricati, come risultanti dalle disposizioni sopra esposte e non alla più ampia categoria dei beni immobili.

La C.M. 14/E/2015 chiarisce, inoltre, che la norma si riferisce ai fabbricati, inclusi sia fabbricati ad uso abitativo sia quelle strumentali, anche di nuova costruzione (inclusi i fabbricati in corso di costruzione rientranti nella categoria F3 e le «unità in corso di definizione» rientranti nella categoria catastale F4).

Sono escluse dal meccanismo del reverse charge le prestazioni di servizi di cui alla lett. a-ter aventi ad oggetto, ad esempio, terreni, parti del suolo, parcheggi, piscine, giardini, ecc., salvo che questi non costituiscano un elemento integrante dell’edificio stesso (ad esempio, piscine collocate sui terrazzi, giardini pensili, impianti fotovoltaici collocati sui tetti, ecc.).

Resta inteso che il meccanismo del reverse chargenon si applica alle prestazioni di servizi di pulizia, installazione di impianti e demolizione relative a beni mobili di ogni tipo.

La definizione di edificio riveste una particolare importanza anche per individuare quali servizi di pulizia sono assoggettati alla nuova normativa.

Qualora un unico contratto comprenda più prestazioni di servizi, in parte soggette al regime dell’inversione contabile e in parte soggette all’applicazione dell’Iva nelle modalità ordinarie, si dovrà procedere alla scomposizione delle operazioni, individuando le singole prestazioni assoggettabili al regime del reverse charge.

Tuttavia, la Circolare chiarisce che, in una logica di semplificazione, se c’è un contratto che comprende diverse prestazioni, assoggettabili o meno al regime, si applicherà l’Iva secondo le modalità ordinarie.

La Circolare specifica oltremodo che la lett. a-ter aggiunta al co. 6 dell’art. 17, D.P.R. 633/1972 va ad ampliare l’ambito di applicazione del regime Iva di inversione contabile (o reverse charge) relativo al settore edile, in precedenza disciplinato, con esclusivo riferimento al subappalto, dalla lett. a del medesimo co. 6 dell’art. 17, D.P.R. 633/1972.

Come noto, ai sensi di tale ultima disposizione, le prestazioni di servizi, compresa la manodopera, rese nel settore edile da subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili, ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore, devono essere effettuate in regime di inversione contabile (o reverse charge).

Pertanto, ai sensi della richiamata lett. a, del co. 6 dell’art. 17, D.P.R. 633/1972, affinché il regime di inversione contabile trovi applicazione, è necessaria, in primo luogo, la presenza di un contratto d’appalto e, inoltre, che un soggetto Iva, qualificabile come subappaltatore, che svolge attività identificate dai codici Ateco (già Atecofin) riferiti alla sezione «Costruzioni» (sezione F), effettui prestazioni nei confronti di un altro soggetto passivo Iva, qualificabile come appaltatore (o, a sua volta, subappaltatore), anch’esso svolgente le medesime attività.

Si precisa inoltre, con riferimento alla disposizione recata dalla lett. a-ter, aggiunta al co. 6 dell’art. 17, D.P.R. 633/1972, va in primo luogo sottolineato che la medesima trova applicazione a prescindere sia dalla tipologia contrattuale adottata dalle parti, che dall’attività commerciale svolta dal committente.

A differenza quindi, di quanto disposto con riferimento alle prestazioni rese nell’ambito del subappalto edile, le operazioni indicate alla lett. a-ter del co. 6 dell’art. 17, D.P.R. 633/1972 vanno individuate in base ad un criterio strettamente oggettivo.

In particolare, in presenza di operazioni riconducibili alla nozione di «servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici», il regime di inversione contabile va applicato a prescindere da qualsivoglia valutazione in merito all’esistenza o meno di un rapporto di subappalto o alla tipologia di attività svolta dal committente (così, per esempio, l’installazione di un impianto termico va assoggettata al regime di inversione contabile, anche se effettuata nei confronti di uno studio professionale).

Come anticipato, stando al dato testuale della lett. a-ter aggiunta al co. 6 dell’art. 17, D.P.R. 633/1972, vanno assoggettate al regime di inversione contabile le prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative unicamente ad «edifici» e non genericamente a «beni immobili». Tale dato, evidenzia immediatamente un’importante criticità in merito alla possibilità di fare riferimento alla sezione F della tabella Ateco per determinare l’esatto contenuto delle prestazioni menzionate dalla più volte richiamata lett. a-ter.

In proposito basti riflettere sul fatto che alcune prestazioni di servizi individuate all’interno della sezione F della tabella Ateco devono ritenersi escluse dall’ambito di applicazione della disposizione di cui alla lett. a-ter proprio in quanto non riferibili ad «edifici»: così, per esempio, l’installazione di impianti di illuminazione viaria.

  1. Operazioni soggette a reverse charge nell’ambito del settore energetico (art. 17, co. 6, lett. d-bis, d-ter e d-quater, D.P.R. 633/1972)

In base all’art. 199-bis, par. 1, lett. a), b), e) ed f), Direttiva 2006/112/CE, fino al 31 dicembre 2018 e per un periodo minimo di due anni, gli Stati membri possono stabilire che il soggetto tenuto al pagamento dell’Iva sia il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate:

  • i trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra definiti all’art. 3, Direttiva 2003/87/CE;
  • i trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla Direttiva 2003/87/CE;
  • le cessioni di gas e di energia elettrica a «un soggetto passivo-rivenditore» ai sensi dell’art. 38, par. 2, Direttiva 2006/112/CE;
  • le cessioni di certificati relativi a gas ed energia elettrica.

L’applicazione del reverse charge per le richiamate operazioni è stata prevista dalle nuove lett. d-bis, d-ter e d-quater del co. 6 dell’art. 17, D.P.R. 633/1972, aggiunte dall’art. 1, co. 629, lett. a, e 631, Legge di Stabilità 2015.

In particolare, per un periodo di 4 anni, cioè fino al 31 dicembre 2018, si applica l’inversione contabile per:

  • i trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra di cui all’art. 3, Direttiva 2003/87/CE;
  • i trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla citata Direttiva 2003/87/CE e di certificati relativi al gas e all’energia elettrica;
  • le cessioni di gas e di energia elettrica a un «soggetto passivo-rivenditore» ai sensi dell’art. 38, par. 2, Direttiva 2006/112/CE.

Si precisa che, in base all’art. 7-bis, co. 3, lett. a, D.P.R. 633/1972, per «soggetto passivo-rivenditore» si intende «un soggetto passivo la cui principale attività in relazione all’acquisto di gas, di energia elettrica (…) è costituita dalla rivendita di detti beni ed il cui consumo personale di detti prodotti è trascurabile»

Con riferimento alle operazioni soggette al reverse charge nel settore energetico, si precisa che, in base ai chiarimenti da ultimo forniti dall’Agenzia delle Entrate, e finalizzati a chiarire l’esatta individuazione delle operazioni riconducibili nella nozione di «certificati» relativi al gas e all’energia, la stessa ha chiarito che rientrano in tale categoria anche i cd. «certificati verdi», i titoli di efficienza energetica (o «certificati bianchi») e le garanzie di origine.

In proposito, si ricorda che i «certificati verdi» sono stati introdotti in Italia con il D.Lgs. 79/1999, in attuazione della Direttiva 96/92/CE, al fine di consentire ai produttori di energia elettrica di adempiere all’obbligo di immettere ogni anno in rete una determinata quota di energia elettrica pulita (vale a dire prodotta mediante fonti rinnovabili); i «certificati bianchi», invece, sono i titoli di efficienza energetica (introdotti con i DD.MM. 20 luglio 2004, successivamente modificati dai DD.MM. 21 dicembre 2007 e 28 dicembre 2012) che attestano il risparmio di gas ed energia elettrica conseguito attraverso sistemi di efficientamento della produzione; mentre le garanzie di origine (introdotte dal D.Lgs. 28/2011) consentono ai fornitori di energia elettrica di fornire prova, ai propri clienti finali, della quantità di energia derivante da fonti rinnovabili, nell’ambito del proprio mix energetico.

Alle cessioni di gas e di energia elettrica ad un soggetto che non sia qualificabile come «soggetto passivo-rivenditore», secondo la definizione sopra riportata, l’Iva deve essere applicata con le modalità ordinarie. Va da sé che restano escluse dall’ambito applicativo della disposizione in commento le cessioni di gas e di energia elettrica effettuate nei confronti di un consumatore finale.

Da ultimo, si osserva che il generico riferimento alle «cessioni di gas» operato dalla disposizione di cui alla lett. d-quater in commento, comporta l’esclusione dall’ambito applicativo della norma e, conseguentemente, dall’applicazione del reverse charge delle cessioni aventi ad oggetto il gas di petrolio liquefatto (gpl), in quanto tale sostanza presenta caratteristiche più simili agli oli minerali che non ai gas vettoriati tramite sistemi o reti di gas naturale.

  1. Estensione del reverse charge alle cessioni di pallet

Come sopra anticipato, il co. 629, lett. d, dell’art. 1 della Legge di Stabilità 2015, modificando l’art. 74, co. 7, D.P.R. 633/1972, ha esteso, con decorrenza 1° gennaio 2015, il meccanismo dell’inversione contabile alle cessioni di «bancali in legno (pallet) recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo».

Sulla base del dato letterale della novella normativa di cui all’art. 74, co. 7, D.P.R. 633/1972, che ha un’evidente finalità antifrode, la condizione necessaria ai fini dell’applicazione del reverse charge alle cessioni di bancali in legno, è che questi ultimi siano pallet recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo.

A tal fine, non è richiesta, come nel caso dei rottami, la condizione che i beni in questione siano inutilizzabili rispetto alla loro originaria destinazione se non attraverso una fase di lavorazione e trasformazione, essendo sufficiente, nel caso che qui interessa, che il pallet sia ceduto in un ciclo di utilizzo successivo al primo.

Peraltro, si è dell’avviso che con la locuzione «cicli di utilizzo successivi al primo», il Legislatore abbia voluto fare riferimento a tutte le fasi successive alla prima immissione in commercio del pallet nuovo. Ciò in quanto il bene, essendo normalmente sottoposto al trasporto, magazzinaggio, selezione, è di fatto un bene recuperato ad un ciclo di utilizzo successivo al primo.

Conseguentemente, tutte le fasi di rivendita successive alla prima andranno assoggettate al regime dell’inversione contabile.

  1. Casi particolari di applicazione del reverse charge

La C.M. 14/E/2015 illustra anche una serie di casi particolari di applicazione dell’inversione contabile in concomitanza di specifici regimi ai fini Iva.

Più in particolare, la disamina si sofferma nell’analizzare l’applicazione o meno del reverse charge per le singole fattispecie di operazioni di seguito sinteticamente riportate nella tabella che segue:

Tabella n. 3 – Casi particolari

Split payment e reverse chargeNiente in comune, o l’uno o l’altro meccanismo. Lo split payment, infatti, si applica alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli enti pubblici, che non risultano debitori d’imposta; non si applica, invece, alle operazioni soggette al sistema del reverse charge e gli acquisti intracomunitari, relativamente ai quali l’ente pubblico assume la veste di debitore dell’Iva.
Reverse charge e Iva per cassaStessa alternatività, cioè gli operatori che hanno optato per l’Iva per cassa, dall’1 gennaio 2015, qualora effettuino operazioni rientranti nel meccanismo dell’inversione contabile, non potranno applicare il regime di cash accounting.
Reverse charge e nuovo regime forfetario
L’inversione contabile non si applica alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate dai contribuenti che rientrano nel nuovo regime fiscale forfetario disegnato dalla Legge di Stabilità 2015. Qualora, invece, gli stessi contribuenti acquistano beni o servizi in regime di reverse charge, gli stessi saranno tenuti ad assolvere l’imposta secondo tale meccanismo e, non potendo esercitare il diritto alla detrazione, dovranno effettuare il versamento dell’Iva a debito.Ciò vale anche con riferimento al regime dei «nuovi minimi» prorogato dal D.L. 192/2014 (cd. «decreto milleproroghe»).
Acquisti di servizi promiscui da parte di un ente non commercialeNel caso in cui un ente non commerciale acquista un servizio destinato, in parte allo svolgimento della propria attività commerciale e in parte allo svolgimento della propria attività istituzionale, ai fini dell’individuazione della modalità di applicazione del tributo, occorrerà far riferimento a criteri oggettivi per distinguere la quota di servizi da imputare alla gestione commerciale dell’ente, assoggettabile al meccanismo dell’inversione contabile, da quella imputabile all’attività istituzionale. Si dovrà tener conto di criteri oggettivi anche nel caso di un contratto che comprende servizi a cui si applica il reverse charge e altri per cui deve essere seguita la modalità ordinaria.
Utilizzo del plafondGli esportatori abituali che, generalmente, utilizzano il plafond, non potranno farlo in presenza di operazioni assoggettabili alla disciplina del reverse charge.
Inoltre, nel caso in cui ci sia un unico contratto, comprensivo di una pluralità di prestazioni di servizi, in parte soggette al regime dell’inversione contabile e in parte all’applicazione dell’Iva nelle modalità ordinarie, si dovrà procedere alla scomposizione dell’operazione oggetto del contratto, individuando le singole prestazioni assoggettabili al meccanismo del reverse charge.
  1. Soggetti esclusi dal regime del reverse charge

La C.M. 14/E/2015 dedica poi un paragrafo a parte sui regimi speciali Iva e l’applicazione del reverse charge, precisando che nei confronti di quattro categorie di contribuenti il reverse charge non si applica, intendendo quindi che in questi casi il prestatore emette fattura applicando l’Iva nei modi ordinari.

Il paragrafo 10 chiarisce, infatti, che il meccanismo del reverse chargenon trova applicazione alle prestazioni di servizi rese nei confronti di soggetti che, beneficiando di particolari regimi fiscali, sono di fatto esonerati dagli adempimenti previsti dal D.P.R. 633/1972 (annotazione delle fatture, tenuta del registro dei corrispettivi e del registro degli acquisti, di cui agli artt. 23, 24 e 25, D.P.R. 633/1972).

L’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile ai soggetti esonerati dai predetti adempimenti contabili si porrebbe, infatti, in contrasto con la ratio agevolativa e con le finalità di semplificazione previste dalle norme speciali.

A titolo esemplificativo, fra i soggetti esonerati dall’applicazione del meccanismo del reversechargerientrano:

  • i produttori agricoli con volume di affari non superiore a 7.000 euro, di cui all’art. 34, co. 6, D.P.R. 633/1972;
  • gli esercenti attività di intrattenimento di cui alla tariffa allegata al D.P.R. 640/1972 ai quali, agli effetti dell’Iva, si applicano le disposizioni di cui all’art. 74, co. 6, stesso D.P.R.;
  • gli enti che hanno optato per le disposizioni di cui alla L. 16 dicembre 1991, n. 398;
  • i soggetti che effettuano spettacoli viaggianti, nonché quelli che svolgono le altre attività di cui alla tabella C allegata al D.P.R. 633/1972 che, nell’anno solare precedente hanno realizzato un volume di affari non superiore a 25.822,84 euro, di cui all’art. 74-quater, co. 5, stesso D.P.R.
  1. Clausola di salvaguardia

Infine, considerato che l’estensione del reverse charge ha efficacia dallo scorso 1° gennaio e che, in assenza di chiarimenti, la stessa poteva presentare profili di incertezza, in ossequio ai principi dello Statuto del contribuente, sono fatti salvi, con conseguente mancata applicazione di sanzioni, eventuali comportamenti difformi adottati dai contribuenti, prima dell’emanazione della C.M. 14/E/2015.

 

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