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Redditometro a partire dal periodo d'imposta 2011

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Nuovo decreto attuativo del redditometro, per le annualità a partire dal periodo d’imposta 2011, senza dati stimati ai fini della ricostruzione sintetica del reddito attribuibile al contribuente.

redditometro - studiorussogiuseppe.it

È questo il dato essenziale che emerge dall’analisi del Provvedimento Agenzia delle Entrate 16.9.2015 pubblicato in G.U. lo scorso 25 settembre che rappresenta l’evoluzione del primo strumento applicativo del redditometro di seconda generazione (D.M. 24/2012) rimasto in vigore per gli accertamenti sulle annualità d’imposta 2009 e 2010.

Il nuovo sistema elaborato con il decreto approvato va nella direzione, anche sotto il profilo normativo, di un accertamento sintetico di tipo «puro», poiché limita al minimo ricostruzioni reddituali legate a dati stimati.

Le uniche spese statistiche rilevanti ai fini della determinazione del reddito sintetico rimangono quelle connesse ai cd. elementi certi, quali, ad esempio, quelle legate al possesso di immobili e di beni mobili registrati (tipicamente immobili, autoveicoli e natanti).

Rimane anche nel nuovo strumento operativo la distinzione fra spese correnti e spese per investimenti. Per quest’ultime il dato continua a rilevare, più in generale, al netto dei disinvestimenti effettuati nei quattro anni precedenti all’acquisto dei beni.

Con l’approvazione del Decreto del 16 settembre del Ministro dell’Economia e delle Finanze (GU n. 223 del 25 settembre) viene definitivamente approvata l’evoluzione del redditometro per il biennio d’imposta 2011/2012.

Si tratta del primo intervento di restyling, da quando è entrato in vigore il redditometro di seconda generazione, così come modificato dal D.L. 78/2009.

Il precedente D.M. 24.12.2012 infatti, copriva le annualità 2009 e 2010, ovverosia il primo anno di applicazione del nuovo redditometro e quello i cui termini per poter esperire l’accertamento da parte del fisco sono in scadenza quest’anno (31.12.2015).

Il provvedimento contiene, dunque, le regole applicative per la gestione dell’accertamento sintetico e il contenuto induttivo (tabella A allegata al provvedimento) aggiornato di alcuni elementi di capacità contributiva per gli anni d’imposta a decorrere dal 2011.

Dall’analisi del nuovo decreto, si può facilmente notare come escono ufficialmente di scena la stima delle spese per consumi basata esclusivamente sui dati Istat.

Si segnalano altresì ulteriori modifiche di lieve entità che non stravolgono, sotto il profilo operativo il sistema delineato con il precedente decreto del 24 dicembre 2012.

Dal punto di vista delle voci di costo, infatti, non si registrano variazioni di sorta nell’allegata tabella A dove rimane la distinzione fra spese per consumi e spese per investimenti.

Certo è che, stante la nuova impostazione, che preclude ogni utilizzo di stima nell’attribuzione della spesa al contribuente, si finisce per svuotare di significato pratico anche la stessa tabella A allegata al decreto, se non altro in relazione alla parte riservata alle spese per consumi.

In realtà, infatti, per molte voci di spesa, ad esempio quelle riguardanti il barbiere e parrucchiere, spese per tram, autobus taxi e altri trasporti, pur essendo presenti in tabella, appare difficile un loro utilizzo nella stima sintetica del reddito, in quanto la loro presenza in Anagrafe tributaria  è effettivamente legata ad eventi eccezionali che esulano dall’ordinario (accertamenti sul campo, od improbabili inoltri di spesometri in relazione a spese che complessivamente difficilmente superano le poche migliaia di euro l’anno).

Da quanto evidenziato, emerge che, sotto il profilo della valenza giuridica e della rilevanza pratica in termini di imponibile accertato, col passare del tempo, il redditometro sta assumendo sempre più le sembianze di una ricostruzione analitica del reddito, visto che gli elementi a determinazione statistica che potranno essere utilizzati per le spese correnti sono sempre più marginali.

Con tutte le conseguenze che ne derivano nell’inquadramento sul piano legale dell’accertamento e della prova contraria sul versante dell’attività difensiva.

Approccio normativo – Concetto di spesa

L’accertamento sintetico, come noto, si basa sul concetto di spesa. L’amministrazione finanziaria può infatti  risalire induttivamente al reddito del contribuente sulla base delle «spese di qualsiasi genere sostenute nel periodo d’imposta». È fatta salva la prova contraria, fornita dal soggetto passivo, che le stesse spese sono state effettuate grazie a fonti di reddito legalmente escluse dalla base imponibile. La ricostruzione sintetica del reddito è effettuata tenendo conto dei seguenti elementi:

  • spese certe analiticamente tracciate;
  • quota di incremento patrimoniale imputabile al periodo d’imposta;
  • quota di risparmio formatasi nell’anno;
  • spese per elementi certi.

Rispetto allo speculare Provvedimento del 24.12.2012 si deve puntualizzare che dall’art. 4 del Decreto pubblicato il 25 settembre scorso, sono uscite di scena, anche sotto il profilo normativo, le spese medie Istat legate ai costi di sostenimento per beni e servizi di uso corrente.

La possibilità di utilizzo di tali elementi, lo ricordiamo, era già stata bocciata dal Garante della privacy con il parere del 21 novembre 2013 e l’Agenzia aveva già tempestivamente recepito tale indicazione nella sua prassi operativa (C.M. 6/E/2014).

Ora il nuovo provvedimento si allinea ufficialmente togliendo, nei fatti, quella che prima era la lett. b) dell’art. 4, D.M. 24.12.2012.

Il nuovo decreto ribadisce che le spese per beni e servizi di uso quotidiano, rilevano comunque nel redditometro quando il relativo dato di spesa risulta su base certa dagli elementi presenti in Anagrafe tributaria.

Trova quindi dignità normativa il modus operandi, indotto dal Garante della privacy (parere del 21 novembre 2013) già seguito nei fatti dall’amministrazione finanziaria nelle verifiche fin d’ora condotte, secondo cui l’accertamento sintetico di «seconda generazione» si deve alimentare solo mediante l’utilizzo di spese certe presenti in Anagrafe tributaria.

Spese considerate dal nuovo decreto ai fini del redditometro

  • spese certe;
  • spese per elementi certi;
  • incrementi patrimoniali;
  • quota di risparmio.

Spese certe

Come sopra segnalato, dunque, il contribuente, dovrà porre particolare attenzione nelle ipotesi in cui le spese sostenute possano essere intercettate dall’amministrazione finanziaria.

In sostanza, nella prassi operativa, qualora il reddito dichiarato non si dimostri particolarmente consistente, o meglio nell’ipotesi in cui sia ragionevole «presumere» sulla mancata «coerenza» dell’imponibile dichiarato rispetto alla capacità di spesa dimostrata il contribuente dovrà rimanere particolarmente vigile nei confronti di un possibile accertamento da redditometro.

Ci si riferisce così a tutte quelle situazioni in cui vengano sostenute spese di entità significativa che possano essere facilmente selezionate dall’amministrazione finanziaria, quali ad esempio quelle per acquisto di auto, immobili, ma non solo, poiché vanno aggiunte tutte le spese intercettabili dallo spesometro (spese superiori a 3.600 euro al lordo dell’Iva) che possono venire agevolmente individuate e di conseguenza immediatamente utilizzate, come «spese certe» da parte dell’Agenzia delle Entrate nell’ambito della rettifica sintetica.

In particolare si tratta di quelle spese:

  • che ordinariamente affluiscono nel Sistema Informativo dell’Anagrafe tributaria (tra i quali anche quelli di cui al cd. «spesometro» e quelli relativi ai rapporti con intermediari finanziari). In questo senso si citano anche tutti gli elementi che, ad esempio devono essere comunicati per il 730 precompilato. I dati, una volta inseriti nei sistemi informativi dell’Anagrafe tributaria, potranno infatti essere utilizzati anche per valutare la capacità contributiva dello stesso contribuente. Le informazioni a supporto della precompilata, quindi, alimenteranno anche la banca dati per il «redditometro»;
  • che vengono acquisite tramite scambi di informazioni con le altre Agenzie fiscali, Enti ed Autorità pubbliche (Inps, Pra, Inail, Siae, Comuni) in costante aumento;
  • che vengono intercettate tramite specifiche e dedicate campagne di raccolta sul territorio anche in collaborazione con la Guardia di Finanza (volte ad ottenere elementi più specifici, che non sono acquisibili in forma massiva).

Ai fini di cui trattasi è bene ricordare, come sopra indicato, che tra le spese di cui l’Amministrazione finanziaria è a conoscenza (o verrà a conoscenza) vi sono anche quelle desumibili:

  • dallo «spesometro» (D.L. 31.5.2010, art. 21) e quindi, in buona sostanza, tutti gli acquisti di beni e servizi oggetto di fatturazione (indipendentemente dall’importo) e tutti quelli certificati da scontrino o ricevuta fiscale di importo pari o superiore a 3.600 euro, Iva compresa;
  • dalle comunicazioni dei beni dati in godimento ai soci e ai familiari.

Spese per elementi certi

Le uniche spese statistiche rilevanti ai fini della determinazione del reddito sintetico rimangono, dunque, quelle connesse ai cd. elementi certi, quali, ad esempio, quelle legate al possesso di immobili e di beni mobili registrati (tipicamente immobili, autoveicoli e natanti).

Si tratta, della sola tangibile eccezione al principio sopra richiamato che regge il provvedimento di aggiornamento per il biennio 2011/2012.

Tali uscite finanziarie, cd. «spese per elementi certi», essendo riferibili al possesso di un bene conosciuto dal fisco, poiché presente in Anagrafe tributaria, possono, pur essendo di derivazione statistica, partecipare al processo di stima del reddito sinteticamente attribuibile al contribuente.

Le «spese per elementi certi», lo si ricorda, sono riferibili ai costi di mantenimento derivanti dalla concreta disponibilità di un bene del quale il fisco possiede tutte le informazioni relative alle specifiche caratteristiche tecniche: è il classico caso degli immobili o degli automezzi, in ordine ai quali il fisco cerca di individuare l’entità delle eventuali spese «aggiuntive» rispetto a quella sostenuta per l’acquisto.

In particolare per spese per elementi certi la C.M. 24/E/2013 identifica quei costi come «le spese di ammontare determinato dall’applicazione di elementi presenti in Anagrafe tributaria o, comunque, disponibili (ad esempio potenza delle auto, lunghezza delle barche, ecc.) di valori medi rilevati dai dati dell’Istat o da analisi degli operatori appartenenti ai settori economici di riferimento».

Per queste spese deve comunque essere provato dall’Agenzia almeno il possesso del bene da parte del contribuente.

Il Provvedimento varato il 25 settembre scorso, individua dunque il nuovo contenuto induttivo di questi elementi indicativi di capacità contributiva tenendo conto della spesa media, per gruppi e categorie di consumi, del nucleo familiare di appartenenza del contribuente risultante dall’indagine annuale sui consumi delle famiglie compresa nel Programma statistico nazionale.

Il nuovo decreto, però, nella quantificazione delle spese per elementi certi ai fini della ricostruzione induttiva del reddito complessivo, evidenzia una novità rispetto al precedente.

In presenza di informazioni afferenti a spese effettive in Anagrafe tributaria relative a questi elementi «certi», viene infatti precisato che il dato presente in Anagrafe tributaria si considera comunque prevalente rispetto a quello calcolato induttivamente (art. 1, co. 5).

Questa è una novità rispetto al precedente Decreto in cui si affermava che doveva essere comunque considerato ai fini del redditometro quello più elevato tra il dato effettivo presente in Anagrafe Tributaria e quello invece determinato induttivamente grazie agli indicatori statistici.

Risparmio e attività d’impresa

Viene anche precisato (art. 3, lett. d) che la quota risparmio riscontrata e formatasi nell’anno rileva nell’accertamento sintetico per la quota «non utilizzata per consumi ed investimenti», inciso che non appariva nel Provvedimento del 24.12.2012. Trattasi, comunque, di affermazione pleonastica dato che il risparmio è ovviamente ciò che non è stato speso.

La valorizzazione di tale voce, lo si ricorda, parte sempre dall’analisi dei conti correnti. Se dalla valutazione degli stessi emergono rilevanti incongruenze tra la differenza del reddito dichiarato e le spese effettuate/stimate in capo al contribuente nel periodo d’imposta, anche l’anomala accumulazione di risparmio potrebbe essere utilizzata dall’Agenzia delle Entrate come elemento indice di capacità contributiva ai fini del calcolo del redditometro.

Tale assunto, com’è ormai noto, poggia sulla presunzione per cui alla base dell’accumulo di risparmio ci possa essere stato un possibile occultamento di base imponibile in sede di dichiarazione dei redditi.

Viene infine confermato che non si considerano sostenute dalla persona fisica le spese per i beni e servizi se gli stessi sono relativi esclusivamente ed effettivamente all’attività di impresa o all’esercizio di arti e professioni, sempre che tale circostanza risulti da idonea documentazione.

Tabella n. 1: le spese per incrementi patrimoniali

Investimento

Modalità di computo

Immobili (fabbricati e terreni)

Incremento patrimoniale meno ammontare totale del mutuo

Beni mobili registrati (autoveicoli, caravan, motoveicoli, minicar, natanti e imbarcazioni, aeromobili)

Incremento patrimoniale meno il finanziamento

Polizze vita (investimento, previdenza, vita)

Incremento patrimoniale

Contributi previdenziali volontari

Incremento patrimoniale

Azioni

Obbligazioni

Conferimenti

Finanziamenti

Capitalizzazioni

Quote di partecipazione

Fondi d’investimento Derivati Certificati di deposito

Pronti contro termine

Buoni postali fruttiferi

Conti di deposito vincolanti

Altri titoli di credito

Altri prodotti finanziari valuta estera

Oro

Numismatica

Filatelia

Oggetti d’arte o d’antiquariato

Manutenzione straordinaria delle unità abitative

Donazioni od erogazioni liberali

Altro

Incremento patrimoniale

Spese per investimenti

Sul punto si evidenza che nessuna modifica è stata operata sulla parte del decreto che riguarda le spese per investimenti.

In questo caso non ci sono mai stati e tanto meno ve ne sono oggi riferimenti a dati stimati che non siano il frutto di un processo di rilevazione analitica da parte dell’amministrazione finanziaria.

Piuttosto si deve ricordare come nell’accertamento sintetico post D.L. 78/2010, le spese patrimoniali si conteggiano per l’intero importo sostenuto nell’anno. Ciò è dovuto al venir meno della presunzione di formazione del reddito «per quinti», riguardante gli investimenti patrimoniali di cui allo strumento di prima generazione.

Pertanto, nel nuovo strumento, la spesa sostenuta per investimenti, così come qualsiasi altra spesa attribuibile al contribuente si presume sostenuta, fino a prova contraria, con redditi realizzati (e dichiarati) nel corso dell’esercizio. Sul piano pratico, ciò significa, ad esempio, che l’immobile acquisito nel corso dell’esercizio rileva nell’ambito del medesimo periodo d’imposta tanto quanto le spese di manutenzione ordinaria dell’autovettura.

Il dato continua a rilevare, più in generale, al netto dei disinvestimenti effettuati nei quattro anni precedenti all’acquisto dei beni.

L’incremento patrimoniale, invece, viene determinato al netto del mutuo/finanziamento solo in relazione all’acquisto di immobili e beni mobili registrati (si veda la tabella n. 1).

In tale ambito ci sia consentito di rilevare che sarebbe stato opportuno estendere tale modalità di rilevazione anche alle altre voci di spesa riguardanti il comparto investimenti, visto considerato che per molte di esse (ad esempio interventi di ristrutturazione dell’immobile) la spesa viene solitamente alimentata grazie all’utilizzo di somme ricevute a credito.

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