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Ampliamento degli edifici soggetto a reverse charge

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In occasione del question time del 10 marzo in Commissione Finanze della Camera, è stato chiarito che le disposizioni di cui all’art. 17, comma 6, lett. a-ter) del DPR 633/72 (reverse charge in edilizia), che prevedono l’applicazione dell’IVA con il meccanismo dell’inversione contabile, sono riferibili all’attività dell’impresa che effettua lavori di opere murarie nell’ambito di un ampliamento di un edificio.

La citata norma, ha esteso l’obbligo del reverse charge, a partire dal 2015, alle prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici.
Il termine completamento ha comportato, sin da subito, difficoltà nella comprensione della portata della norma. L’Agenzia delle Entrate è intervenuta in merito con circ. del 27 marzo 2015 n. 14, precisando che tale termine è utilizzato dal legislatore in modo atecnico, in quanto l’art. 3 del Testo unico dell’edilizia (DPR 6 giugno 2001 n. 380) non menziona la nozione di completamento, ma fa riferimento a interventi quali la manutenzione ordinaria e straordinaria, il restauro e risanamento conservativo, la ristrutturazione edilizia, ecc.

In assenza di una definizione di completamento anche nella Direttiva IVA 2006/112/CE e nel Regolamento di esecuzione n. 1042/2013, l’Amministrazione finanziaria, nella richiamata circolare, ha indicato che deve farsi ricorso ai codici attività ATECO 2007 individuati con il medesimo intervento chiarificatorio e, tra questi, per ciò che qui interessa, al codice 43.39.01 “attività non specializzate di lavori edili”.

Secondo gli interroganti, le prestazioni in esame ricadono nel suddetto codice 43.39.01, che comprende anche “altri lavori di costruzione e installazione n.c.a.”, limitatamente alle prestazioni afferenti gli edifici, indipendentemente dal fatto che l’edificio sia esistente o sia di nuova costruzione.

Non è corretto, invece, fare rientrare i lavori in parola nelle attività di cui al codice 41.2, riferito alle attività di “costruzione di edifici residenziali e non residenziali”, che riguarda invece la costruzione completa di edifici residenziali e non residenziali eseguiti per conto proprio o per conto di terzi e poi venduti. Secondo gli interroganti, in verità, se si effettuano solo parti specifiche del processo di costruzione, l’attività va classificata nella divisione 43.

Nozione di completamento di edifici.

Con riferimento alla nozione di “completamento” di edifici, ai fini dell’individuazione delle prestazioni rientranti in tale nozione – da assoggettare al meccanismo del reverse charge – la circolare n. 14/E/2015 ha individuato, all’interno della più ampia categoria 43.3 “completamento e finitura di edifici” della classificazione ATECO 2007, i seguenti codici attività:
43.31.00 Intonacatura e stuccatura;
43.32.01 Posa in opera di casseforti, forzieri, porte blindate;
43.32.02 Posa in opera di infissi, arredi, controsoffitti, pareti mobili e simili. La posa in opera di “arredi” deve intendersi esclusa dall’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile, in quanto non rientra nella nozione di completamento relativo ad edifici;
43.33.00 Rivestimento di pavimenti e di muri;
43.34.00 Tinteggiatura e posa in opera di vetri;
43.39.01 Attività non specializzate di lavori edili-muratori (limitatamente alle prestazioni afferenti gli edifici);
43.39.09 Altri lavori di completamento e di finitura degli edifici n.c.a. “completamento di edifici”.
Pertanto, l’attività dell’impresa che effettua lavori di opere murarie per il committente, nell’ambito di un ampliamento di un edificio, rientrante nel codice attività 43.39.01 “altri lavori di costruzione e installazione n.c.a.”, se riferita ad edifici, deve essere assoggettata al meccanismo dell’inversione contabile, ai sensi della lettera a-ter) dell’art. 17, comma 6, del decreto IVA.
In sostanza l’Agenzia lega l’applicazione del reverse charge al codice di attività nel quale rientra una determinata prestazione; siccome l’attività di ampliamento degli edifici rientra in un codice diverso dal 41.2 e cioè quello della costruzione di edifici, prestazione quest’ultima che non rientra nel nuovo reverse charge di cui alla lettera a ter dell’articolo 17 del decreto Iva, ne consegue che la attività di ampliamento degli edifici rientra invece in ogni caso nel reverse charge.
Appare evidente, si legge sul sole24ore dell’11 marzo 2016, che un ampliamento di un edificio, soggetto a permesso di costruire, appare chiaramente assimilato sotto il profilo urbanistico ad una nuova costruzione in quanto così è anche ai fini della applicazione delle aliquote Iva e delle detrazioni ai fini delle imposte dirette; quindi a nostro parere non avrebbe potuto rientrare nel reverse charge di cui alla lettera a ter del decreto iva.

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