Home Fiscale e Tributario La corretta gestione della cassa evita l'accertamento analitico-induttivo

La corretta gestione della cassa evita l'accertamento analitico-induttivo

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Un conto cassa con “ingente” saldo positivo e una contemporanea elevata esposizione bancaria negativa è un chiaro indice di “condotta antieconomica” da parte del contribuente, che può costituire il presupposto per un accertamento analitico-induttivo.

Lo ha precisato la Cassazione con la Sentenza 1530/2017 del 20 gennaio 2017.

Il fatto

Ad una società era stato notificato un avviso di accertamento analitico-induttivo ex articolo 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973, con cui veniva recuperato a tassazione un maggior reddito d’impresa ai fini Iva ed Irap.

Cassazione

La vicenda è approdata in Cassazione che, in accoglimento del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, ha affermato che:

“l’anomala coesistenza di un conto cassa con ingente saldo positivo e di una contemporanea elevata negativa esposizione bancaria rappresenta un indice di condotta antieconomica da parte del contribuente, che può costituire il presupposto per l’accertamento analitico-induttivo di cui all’articolo 39, comma 1, lett. d), D.P.R. 600/1973″.

Motivazioni

La Suprema Corte ha, infatti, precisato che la società, a fronte di una ingente liquidità disponibile ed infruttifera (dunque, senza costi aggiuntivi), decideva di accollarsi anche un nuovo mutuo, fonte di oneri ed interessi passivi. Elementi, questi, che rappresentano un complesso di presunzioni semplici, ma gravi, precise e concordanti che consentono all’Amministrazione finanziaria di dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e di desumere maggiori ricavi o minori costi, con conseguente onere della prova contraria a carico del contribuente.

Ciò indipendentemente dalla riscontrata regolarità formale delle scritture contabili, che risultano private di attendibilità dalla grave incongruità e abnormità del dato economico.

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