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Il Network marketing: vantaggi fiscali e previdenziali

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Si sta affermando sempre più anche in Italia il cosiddetto network marketing.

Che cos’è il network marketing (o multi-Level marketing)?

Il network marketing è un sistema di distribuzionepromozione e vendita fondato su una struttura ramificata di promoter distribuiti su più livelli progressivi, nel quale guadagna sia chi segnala la vendita che il soggetto che lo ha “reclutato” all’interno del sistema stesso.

Obiettivo della rete: essere estremamente diffusa, con piccole strutture di promoter motivati e attivi e senza creare strutture centralizzate, in modo da poter raggiungere il più alto numero possibile di clienti.

Questi sono i motivi alla base del sistema di reclutamento, che punta all’acquisizione di tanti promoter che creano un piccolo volume d’affari, spesso per arrotondare lo stipendio, privandoli delle responsabilità imprenditoriali.

Un rapporto prevalentemente occasionale, senza alcun vincolo di mandato, che sanciscono la grande differenza tra la figura del networker e quella del procacciatore d’affari o dell’agente di commercio.

Regolamentazione italiana

Il network marketing è riconducibile nella disciplina della vendita a domicilio. La norma, attualmente in vigore, che disciplina tale settore è la legge n. 173/2005. All’interno della norma vengono sancite le regole per garantire la liceità dei comportamenti che sono riconducibili a tre tipologie esplicite di divieti:

1) l’assoluto divieto di qualunque costo di accesso al programma, anche solo per dotarsi di un campionario di prodotti da presentare agli eventuali possibili clienti (è possibile, però, prevedere un sistema di rimborso di tale campionario sui ricavi percepiti dal promoter a seguito delle vendite effettuate);

2) il divieto categorico di qualunque obbligo al sostenimento di corsi di formazione a pagamento o l’obbligo di acquisto di licenze, autorizzazioni o altri servizi a supporto dell’attività di vendita;

3) la totale illeceità di quei programmi che sono finalizzati non alla vendita di un prodotto/servizio ma alla crescita dei soggetti che compongono il programma stesso.

Tali regole vertono sulla censura di quei comportamenti volti non tanto a creare un reale sistema di vendita diffuso, spontaneo e parcellizzato che è il network marketing “buono”, ma quanto piuttosto a truffare i soggetti tramite una “Catena di Sant’Antonio” o uno “Schema Ponzi”.

La stessa Corte di cassazione, rimarcando questa impostazione con la pronuncia n. 37049 del 2012, ha precisato che l’eventuale ferma volontà del soggetto a partecipare al programma di network marketing illecito non causa alcun esonero di responsabilità da parte dell’azienda venditrice, sancendo quindi una indisponibilità di gestione dell’obbligazione da parte del soggetto debole.

Anche sotto il profilo sanzionatorio la normativa risulta particolarmente severa:

  • per l’inottemperanza a quanto prescritto nei punti 1) e 2) di cui sopra è prevista una sanzione amministrativa compresa tra 1.500 e 5.000 euro;
  • per la contravvenzione ai divieti sanciti nel punto 3) di cui sopra è prevista una sanzione economica compresa tra 100.000 e 600.000 euro, la segnalazione alle associazioni di consumatori e utenti e la reclusione da sei mesi ad un anno.

Aspetti fiscali

Il promoter aderente a un programma di networking viene definito networker e gode di una particolare disciplina fiscale, pensata appositamente per andare incontro alla natura spesso prettamente accessoria dei compensi derivanti da tale attività.

In particolare, ai fini delle imposte sui redditi, i compensi del networker sono assoggettati a ritenuta alla fonte del 23% che viene trattenuta dall’azienda venditrice, che funge quindi da sostituto d’imposta, direttamente sul compenso percepito, fatta salva una quota forfettaria di costi di gestione del 22% (in pratica, la tassazione secca avviene sul 78% dei compensi).

Ciò comporta, ovviamente, che:

  • tali redditi saranno del tutto separati da eventuali ulteriori redditi;
  • non saranno soggetti a IRPEF;
  • non daranno luogo ad alcuna dichiarazione dei redditi in capo al networker che non abbia alcun tipo di ulteriore reddito o proprietà immobiliare.

Inoltre, i networker sono considerati come lavoratori autonomi occasionali fino al raggiungimento di un reddito annuo di 5.000 euro netti (pari a 6.093 euro lordi) e, quindi, non dovranno aprire alcuna partita IVA al di sotto del raggiungimento di tale soglia, anche svolgendo continuativamente tale attività economica.

Superato tale tetto al volume d’affari il networker dovrà aprire una propria partita IVA ma vigerà ancora con un sistema estremamente agevolato, figlio dell’impostazione normativa che ha questa particolare figura.

Infatti, continuerà a persistere il meccanismo della ritenuta alla fonte anche a seguito dell’apertura della posizione IVA, generando così un sistema molto particolare sia sotto il profilo dichiarativo che fiscale.

Il networker professionale, infatti, è escluso dalla presentazione della dichiarazione dei redditi, non è soggetto agli studi di settore e/o parametri e non è soggetto nemmeno all’IRAP.

Egli dovrà provvedere a emettere le fatture di vendita, collazionarle e conservarle unitamente ai documenti di acquisto per le spese sostenute.

Sotto il profilo IVA dovrà provvedere a versare mensilmente e in maniera autonoma l’IVA sulle vendite entro il 16° giorno del mese successivo, a disporre le comunicazioni IVA trimestrali e provvedere alla presentazione della dichiarazione IVA.

Aspetti previdenziali e amministrativi

Invece, per quanto riguarda gli adempimenti previdenziali, il networker professionale (cioè colui che supera la soglia di 5.000 euro netti sopra indicata) deve iscriversi alla Gestione separata, andando a pagare i contributi attualmente stabiliti con aliquota del 25,72%, fino ad un massimale di 101.427, sul reddito imponibile, generato sempre fatta salva la quota forfetaria di costi pari al 22%, come evidenziato in precedenza.

Inoltre, tali contributi dovranno essere versati per i due terzi dall’azienda e solo per un terzo dal networker.

Infine, dal punto di vista amministrativo, il networker professionale svolge per definizione un’attività strettamente professionale ed è quindi escluso dall’obbligo di iscrizione alla Camera di Commercio.

Fonte: sistemailfisco.leggiditalia.it/

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