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Legittima la clausola di salvaguardia nell’applicazione degli interessi di mora

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La clausola c.d. “di salvaguardia” inserita nei contratti bancari, giova a garantire che, pur in presenza di un saggio di interesse variabile o modificabile unilateralmente dalla banca, la sua fluttuazione non oltrepassi mai il limite stabilito dalla L. n. 108 del 1996, articolo 2, comma 4.

Dal punto di vista pratico tale clausola opera in favore della banca,  piuttosto che del cliente.

Infatti, ai sensi dell’articolo 1815 c.c., comma 2, “se sono convenuti interessi usurari, la clausola e’ nulla e non sono dovuti interessi”. La clausola “di  salvaguardia”, dunque, assicurando che gli interessi non oltrepassino mai la soglia dell’usura c.d. “oggettiva”, previene il rischio che il tasso  convenzionale sia dichiarato nullo e che nessun interesse sia dovuto alla banca.

Sebbene la “clausola di salvaguardia” ponga le banche al riparo dall’applicazione della “sanzione” prevista dall’articolo 1815 c.c., comma 2, per il caso di pattuizione di interessi usurari (nessun interesse e’ dovuto), la stessa non ha carattere elusivo, poiche’ il principio d’ordine pubblico che governa la materia e’ costituito dal divieto di praticare interessi usurari, non dalla sanzione che consegue alla violazione di tale divieto.

Lo ha affermato la Cassazione Civile Sent. Sez. 3 Num. 26286 Anno 2019.

“In tema di rapporti bancari, l’inserimento di una clausola “di salvaguardia”, in forza della quale l’eventuale fluttuazione del saggio di interessi convenzionale dovra’ essere comunque mantenuta entro i limiti del c.d. “tasso soglia” antiusura previsto dalla L. n. 108 del 1996, articolo 2, comma 4, trasforma il divieto legale di pattuire interessi usurari nell’oggetto di una specifica obbligazione contrattuale a carico della banca, consistente nell’impegno di non applicare mai, per tutta la durata del rapporto, interessi in misura superiore a quella massima consentita dalla legge. Conseguentemente, in caso di contestazione, spettera’ alla banca, secondo le regole della responsabilita’ ex contractu, l’onere della prova di aver regolarmente adempiuto all’impegno assunto. […] Non vale il contrario quanto ritenuto in altra occasione da questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 12965 del 22/06/2016, Rv. 640109), poiche’ quella pronuncia ha ad oggetto una ben diversa clausola, che prevedeva l’applicazione del principio solve et repete agli interessi che eventualmente fossero successivamente risultati usurari.”

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