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Assenze da lavoro per Coronavirus: le indicazioni della Fondazione Studi

In un periodo in cui non si parla di altro che di Coronavirus sono molti i lavoratori che  a causa della forte paura di contagio non sanno come comportarsi al lavoro. Vediamo i suggerimenti della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro.

In caso di ordinanza

Se l’assenza dal lavoro è conseguente ad una ordinanza della pubblica autorità, che di fatto impedisce al lavoratore di uscire di casa, siamo in presenza di una sopravvenuta impossibilità di recarsi al lavoro per cause indipendenti dalla volontà del lavoratore, che  potrà, dunque, restare a casa con la retribuzione pagata.

Smart working

Un’alternativa, laddove possibile, può essere rappresentata dallo “smart working”, ovvero il lavoro da remoto. In seguito al decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020 lo smart working può essere attivato senza accordo individuale in tutta Italia e fino al prossimo 31 luglio.

Sospensione dell’attività aziendale

Tra le possibili misure di contrasto alla potenziale diffusione del virus rientrano anche le previsioni tendenti a vietare l’accesso in un determinato comune o area geografica, nonché la sospensione delle attività lavorative per le imprese e/o la sospensione dello svolgimento delle attività lavorative per i lavoratori residenti nel comune o nell’area interessata, anche ove le stesse si svolgano fuori dal comune o dall’area indicata.

In questi casi è di tutta evidenza l’assoluta indipendenza della impossibilità della prestazione lavorativa dalla volontà del lavoratore, essendo l’azienda stessa impedita dal provvedimento dell’autorità pubblica allo svolgimento della normale attività produttiva. Risulta perciò evidente il permanere del diritto alla retribuzione pur in assenza dello svolgimento della prestazione.

Quarantena obbligatoria

L’assenza per quarantena riguarda i lavoratori posti in osservazione, in quanto aventi sintomi riconducibili al virus. Questa ipotesi può comportare l’assenza da parte del lavoratore interessato. In tal caso la sua assenza dovrà essere disciplinata secondo le previsioni, di legge e contrattuali, che riguardano l’assenza per malattia, con le conseguenti tutele per la salute e la garanzia del posto di lavoro.

Resta in capo al lavoratore l’onere di dare immediata notizia al datore di lavoro della sopraggiunta circostanza che impedisce la presenza al lavoro. Il medico curante dovrà emettere il certificato telematico affinché il datore di lavoro possa procedere all’erogazione della retribuzione e dell’indennità di malattia, con le regole proprie del settore di operatività e del Ccnl.

Quarantena volontaria

L’assenza per quarantena volontaria, riguarda persone che scelgono autonomamente di isolarsi, pur non avendo sintomi palesi di contagio.

Si ricorda a tale proposito che tra le misure di contenimento previste dal governo rientra l’obbligo da parte degli individui che hanno fatto ingresso in Italia da zona a rischio epidemiologico, come identificate dall’Oms, (in questa disposizione rientrano anche i comuni italiani soggetti a misure di quarantena disposte dal governo o dalle regioni) di comunicarlo al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente per territorio, che provvede a comunicarlo all’autorità sanitaria competente per l’adozione della misura di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva.

Assenza per paura del contagio

L’assenza autodeterminata da parte di lavoratori che ritengono il fenomeno dell’epidemia sufficiente di per sé a giustificare l’assenza dal lavoro, pur non sussistendo provvedimenti di Pubbliche Autorità che impediscano la libera circolazione, costituisce un’assenza ingiustificata dal luogo di lavoro, situazione da cui possono scaturire provvedimenti disciplinari che possono portare anche al licenziamento.

Cassa integrazione

Le aziende che operano nella zona rossa potranno richiedere la cassa integrazione ordinaria e l’assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale con procedura accelerata. Le imprese prive di tutele da ammortizzatori sociali, potranno richiedere la cassa integrazione in deroga.

Le aziende ubicate altrove potranno invece valutare la possibilità di richiedere la Cigo o l’assegno ordinario in base alle causali previste dal decreto legislativo 148.

La mancanza di lavoro/commesse e crisi di mercato.

Le aziende sul territorio nazionale coperte da ammortizzatori (Cigo) che hanno subito conseguenze significative nel volume delle commesse o di ricavi in genere per effetto del virus, possono accedere al trattamento di cassa integrazione.

Se si decide di chiudere l’unità produttiva a titolo cautelativo e senza un calo effettivo dell’attività, non è prevista alcuna copertura.

Le piccole aziende che lavorano in zone diverse da quelle interessate dall’emergenza, ma che stanno subendo gli effetti negativi del virus, risultano essere le più penalizzate in quanto restano senza alcun ammortizzatore.

Fonte: Fondazione Studi Consulenti del lavoro e Ilsole24ore

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