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Novità per l’Iva sulla manutenzione e ristrutturazione di immobili

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Il decreto sblocca Italia (D.L. n. 133/14) ha in parte modificato i criteri di classificazione degli interventi edilizi riportati all’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell’edilizia).


Tali modifiche dovrebbero avere una diretta conseguenza anche sull’IVA da applicare per gli interventi di manutenzione straordinaria e di ristrutturazione.

La novità principale riguarda la classificazione tra gli interventi di manutenzione straordinaria, quali definiti alla lettera b) dell’art. 3 del Testo Unico dell’edilizia, di quelli “consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione di uso”.

In precedenza tali interventi erano considerati ricompresi tra quelli di ristrutturazione edilizia, di cui alla lettera d) del citato art. 3.

Va ora ricordato che  l’IVA sugli interventi edilizi trova una diversa applicazione a seconda che trattasi di interventi di manutenzione straordinaria ovvero di interventi di ristrutturazione.

Una prima diversità riguarda l’applicazione dell’aliquota IVA del 10%, la quale trova un ambito più ristretto per le manutenzioni straordinarie rispetto a quello previsto per le ristrutturazioni.

Nello specifico, per le manutenzioni straordinarie l’aliquota IVA del 10% è applicabile:

  • soltanto agli interventi realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa, con esclusione di quelli realizzati su fabbricati a diversa destinazione (da assoggettare all’aliquota IVA ordinaria del 22%);
  • soltanto in relazione alle prestazioni di servizi e non anche per la cessione dei beni finiti forniti per la realizzazione degli interventi (da assoggettare all’aliquota IVA ordinaria del 22%);
  • soltanto per le prestazioni di servizi rese in appalto e non anche per quelle rese in subappalto (da assoggettare all’aliquota IVA ordinaria del 22%);
  • tenendo conto delle limitazioni all’importo assoggettabile all’aliquota IVA del 10% previste in caso di impiego dei “beni significativi” di cui al D.M. 29.12.1999.

Per le ristrutturazioni l’aliquota IVA del 10% è invece applicabile:

  • per gli interventi realizzati su ogni tipologia di fabbricato, qualunque sia la sua destinazione (quindi anche su quelli strumentali, quali capannoni, negozi, uffici, ecc.);
  • per la cessione dei beni finiti forniti per la realizzazione degli interventi;
  • sia ai contratti di appalto che di subappalto aventi ad oggetto gli interventi.

Per quanto sopra la riqualificazione tra le manutenzioni straordinarie degli interventi di frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari dovrebbe comportare, tra l’altro:

  • l’applicazione dell’IVA nella misura del 10% soltanto per interventi di frazionamento o accorpamento di unità abitative, mentre in precedenza beneficiavano dell’aliquota ridotta anche quelli realizzati su unità a destinazione non abitativa (uffici, negozi, ecc.);
  • l’applicazione dell’aliquota IVA ordinaria del 22% per la cessione di beni finiti forniti per gli interventi, mentre in precedenza anche tali cessioni beneficiavano dell’IVA al 10%;
  • l’applicazione dell’aliquota IVA ordinaria del 22% per le prestazioni rese in subappalto, mentre in precedenza anche per tali prestazioni trovava applicazione l’IVA al 10%.

Una ulteriore conseguenza che sembra derivare dalla riclassificazione di cui trattasi riguarda la cessione degli immobili fatti oggetto degli interventi.

L’art. 10 del d.P.R. n. 633/72 esclude espressamente dall’esenzione da IVA, tra l’altro, le cessioni di fabbricati effettuate “dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’art. 3, comma 1, lettere c), d) ed e), del Testo Unico dell’edilizia di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n.380, entro cinque anni dalla data di ultimazione … dell’intervento”.

La riqualificazione tra le manutenzioni straordinarie di cui alla lettera b) del Testo Unico dell’edilizia degli interventi di frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari dovrebbe quindi comportare che le cessioni dei fabbricati sui quali sono stati realizzati tali interventi rimangono sempre esenti da IVA, anche quando effettuate dalle imprese che hanno eseguito gli interventi, fatta solo salva la possibilità, concessa in generale a tutte le imprese, di optare per l’IVA (ma soltanto per i fabbricati strumentali).

In caso poi di assoggettamento ad IVA “per opzione” occorre evidenziare che sono soggette ad IVA nella misura del 10% le cessioni di fabbricati (anche strumentali) sui quali sono stati fatti interventi di recupero, esclusi quelli di cui alle lettere a) e b) del Testo Unico dell’edilizia.

Da ciò dovrebbe conseguire l’applicazione dell’IVA nella misura ordinaria del 22% per la cessione di fabbricati fatti oggetto di interventi di frazionamento o accorpamento (sempre in ipotesi di opzione per l’applicazione dell’IVA in luogo dell’esenzione e sempre che non ricorrano altre ipotesi per l’applicazione di aliquote ridotte, quali “prima casa”, “fabbricati Tupini”, ecc.).

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