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Deducibilità dei compensi agli amministratori

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I compensi erogati dalla società ai propri amministratori sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento (principio di cassa), regola quest’ultima che garantisce, tra l’altro, la simmetria temporale tra deduzione e tassazione del percettore. Tuttavia, non è sufficiente il mero pagamento del compenso, in quanto ai fini della deducibilità dei compensi, occorre rifarsi anche alla normativa civilistica in virtù della quale “i compensi degli amministratori devono necessariamente essere deliberati dall’assemblea dei soci, salvo che non siano già stabiliti all’interno dello statuto”.

Secondo una recentissima pronuncia della giurisprudenza di legittimità (Cass. 28.10.2015 n. 21953), laddove la misura del compenso non sia prestabilita nell’atto costitutivo ovvero in apposita delibera dell’assemblea, la stessa non può essere determinata dal creditore, ma richiede il consenso della società, manifestato mediante una formale deliberazione dell’assemblea dei soci.

Il compenso degli amministratori deve essere deliberato dall’assemblea dei soci all’atto della nomina o successivamente, se non è stabilito dallo statuto (art. 2364 c.c.).

Precisamente:

  • per le spa, l’onerosità dell’incarico di amministratore è prevista dall’art.2389 del C.C.;
  • per le srl, mancando un’autonoma previsione legislativa, si ritiene che debba essere lo statuto a disporre circa la remunerazione/gratuità della carica.

È consigliabile la redazione da parte dei soci, nei primi mesi dell’esercizio, di un apposito verbale di attribuzione del compenso con data certa. La data certa, ai sensi dell’art. 2704 del C.C., può essere attribuita tramite:

  • estratto notarile del libro delle deliberazioni o da vidimazione notarile del libro stesso;
  • notifica all’amministratore della delibera di attribuzione dell’indennità mediante raccomandata in plico senza busta.

Il compenso può essere corrisposto sotto diverse forme:

  • in misura fissa liquidati con cadenza periodica o “una tantum”. Il compenso può essere integrato inoltre con i gettoni di presenza per la partecipazione alle riunioni del CDA e il trattamento di fine mandato (TFM);
  • in misura percentuale sull’utile d’esercizio, costituendo non un costo d’esercizio, ma una diversa modalità di distribuzione dell’utile, dopo che lo stesso sia stato depurato della quota di riserva legale, degli utili destinati a coprire le perdite di capitale sociale e delle quote destinate alle riserve statutarie.

Modifica del compenso

È legittimità la modificazione in melius del compenso dell’amministratore, disposta successivamente dall’assemblea, anche qualora a tale variazione non corrisponda un aumento delle mansioni ovvero un miglioramento della situazione aziendale. L’aumento del compenso stabilito dall’atto costitutivo o da una delibera dell’assemblea ordinaria potrà, pertanto, essere attuato, rispettivamente, solo con una modifica statutaria o con una nuova delibera assembleare. In caso di riduzione del compenso, l’orientamento prevalente è che lo stesso non possa essere diminuito dalla società senza il consenso degli amministratori. In mancanza del consenso degli amministratori, quindi, questi ultimi conserveranno il diritto a percepire il compenso originariamente determinato.

Congruità dei compensi

La disciplina dei compensi spettanti agli amministratori è stata oggetto di diversi interventi giurisprudenziali e dottrinali, conseguenti alla possibilità di sindacare la congruità dei stessi e la necessaria presenza di una delibera assembleare che ne attribuisca certezza e determinabilità.

Per l’Agenzia delle Entrate, in sede di controllo, la deduzione può essere disconosciuta (evidentemente utilizzando i principio di abuso del diritto) qualora i compensi risultino “insoliti, sproporzionati o strumentali all’ottenimento di indebiti vantaggi”.

Tale tesi è stata di recente confermata dalla Cassazione con la sentenza n. 3243 del 11 febbraio 2013, con la quale la corte ha affermato che l’Amministrazione finanziaria può, disconoscere i costi eccessivi che le società contabilizzano relativamente ad alti compensi degli amministratori. Nella fase di accertamento, infatti, gli uffici finanziari, anche in presenza di contabilità regolare e nessuna violazione di legge, hanno il potere di valutare la congruità dei costi e dei ricavi indicati nei bilanci e nelle dichiarazioni. Pertanto, in presenza di un costo “sproporzionato” rispetto ai ricavi o all’oggetto dell’impresa, può essere negata la parziale deducibilità. Infatti, di fronte all’esposizione di costi incongrui è facile ipotizzare la possibilità di un’elusione fiscale. In tali casi, l’onere della prova ricade sul contribuente, il quale deve dimostrare che i compensi, sebbene elevati, sono in realtà congrui e non elusivi.

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