Home Fiscale e Tributario Arrivano i chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate sull'assegnazione agevolata

Arrivano i chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate sull'assegnazione agevolata

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L’attesa circolare dell’Agenzia delle entrate n. 26/E del primo giugno fornisce chiarimenti sul regime fiscale temporaneo che consente l’assegnazione e la cessione agevolata ai soci di taluni beni immobili e dei beni mobili iscritti in pubblici registri, nonché la trasformazione agevolata in società semplici delle società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei predetti beni.

L’articolo 1, commi da 115 a 120, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, ha introdotto un regime fiscale agevolato di carattere temporaneo per consentire l’assegnazione e la cessione agevolata ai soci di taluni beni immobili e beni mobili iscritti in pubblici registri, nonché per la trasformazione in società semplici delle società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei predetti beni.

In particolare, i beni che possono formare oggetto di assegnazione e cessione agevolata ai soci sono:

– i beni immobili diversi da quelli strumentali per destinazione, vale a dire diversi da quelli utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’attività d’impresa;

– i beni mobili iscritti in pubblici registri, non utilizzati come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa.

L’agevolazione in questione si traduce nella facoltà della società di assegnare o cedere i beni ai soci mediante l’assolvimento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap pari all’8 per cento, ovvero al 10,5 per cento per le società considerate non operative o in perdita sistematica in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento dell’assegnazione.

L’imposta sostitutiva va applicata su una base imponibile determinata sulla differenza tra il valore normale del bene assegnato ed il suo costo fiscalmente riconosciuto.

Per l’assegnazione dei beni immobili la società può determinare il valore normale (in deroga all’art. 9 del T.U.I.R.) applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto dei moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo del comma 4 dell’articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

Nella diversa ipotesi di cessione dei medesimi beni immobili, ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva, il corrispettivo della cessione – se inferiore al valore normale del bene, determinato ai sensi dell’art. 9 Tuir, o al valore catastale determinato come sopra precisato – è computato in misura, comunque, non inferiore ad uno dei due valori.

Per quanto concerne il socio assegnatario, la norma stabilisce che nei confronti dei soci non trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 1, secondo periodo, e da 5 a 8 dell’articolo 47 T.U.I.R.

A differenza di quanto previsto in passato (cfr. articolo 29 della legge 23 dicembre 1997, n. 449), l’attuale disciplina non ricomprende tra le attività che possono fruire del regime agevolato di assegnazione anche le quote di partecipazione in società.

Non sono previste, inoltre, specifiche disposizioni agevolative in materia di imposta sul valore aggiunto e, di conseguenza, le assegnazioni, le cessioni e le trasformazioni agevolate saranno assoggettate ad IVA secondo le regole ordinarie dettate dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in consonanza con le disposizioni dettate dalla Direttiva 2006/112/CE.

Oltre alla disciplina dell’assegnazione, cessione e trasformazione agevolata, il comma 121 del medesimo articolo 1 ha previsto la possibilità per gli imprenditori individuali di procedere all’esclusione/estromissione dei beni immobili strumentali dal patrimonio dell’impresa mediante il pagamento di una imposta sostitutiva.

In particolare, l’esclusione potrà interessare tutti gli immobili strumentali di cui all’articolo 43, comma 2, del TUIR, siano essi strumentali per natura che per destinazione, posseduti dall’imprenditore individuale alla data del 31 ottobre 2015.

CAPITOLO I – L’ASSEGNAZIONE AGEVOLATA DEI BENI AI SOCI

PARTE I – DISCIPLINA AI FINI DELLE IMPOSTE SUI REDDITI E DELL’IRAP

1 Nozione di assegnazione

Le disposizioni agevolative in esame prevedono la possibilità di assegnare o cedere in via agevolata taluni beni ai soci, nonché di trasformare in società semplici le società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei beni individuati dalle norme medesime.

Mentre non sorgono problemi per l’inquadramento giuridico della nozione di cessione e di trasformazione, si ritiene utile precisare il concetto di assegnazione che trae il suo fondamento giuridico dal rapporto societario.

L’assegnazione viene a configurarsi ogni qual volta la società procede, nei confronti dei soci, alla distribuzione di capitale o di riserve di capitale ovvero alla distribuzione di utili o di riserve di utili mediante l’attribuzione di un bene. Al riguardo, si precisa che la disciplina di cui trattasi è applicabile a tutte le fattispecie regolate dalle norme del codice civile e, quindi, anche nei casi di recesso, riduzione del capitale esuberante o di liquidazione previsti dall’art. 47, comma 7, del predetto T.U.I.R.

2 Ambito soggettivo di applicazione dell’assegnazione agevolata.

Possono effettuare, in regime agevolato, l’assegnazione dei beni ai soci le seguenti società residenti nel territorio dello Stato:

– società per azioni;

– società in accomandita per azioni;

– società a responsabilità limitata;

– società in nome collettivo;

– società in accomandita semplice.

Inoltre, per effetto dell’equiparazione alle società in nome collettivo e a quelle in accomandita semplice – operata dal comma 3 dell’art. 5 del T.U.I.R.

rientrano tra i soggetti residenti che possono effettuare l’assegnazione agevolata anche:

– le società di armamento;

– le società di fatto che hanno per oggetto l’esercizio di attività commerciali.

Possono, inoltre, beneficiare dell’agevolazione in esame anche le società in liquidazione, purché sussistano le condizioni previste dalla norma in commento.

Non rientrano, invece, tra i soggetti destinatari della disciplina in esame – in quanto esclusi dal tenore letterale della norma – gli enti non commerciali e le società non residenti nel territorio dello Stato che hanno una stabile organizzazione in Italia.

Con riferimento ai soci nei confronti dei quali la società può procedere all’assegnazione agevolata dei beni, si fa presente che, in mancanza di una espressa limitazione soggettiva, questi possono essere anche rappresentati da soggetti diversi dalle persone fisiche ed essere non residenti nel territorio dello Stato.

Inoltre, l’articolo 1, comma 115, della legge n. 208 del 2015 dispone che tutti i soci devono risultare “iscritti nel libro dei soci, ove prescritto, alla data del 30 settembre 2015, ovvero che vengano iscritti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in forza di titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1 ottobre 2015”.

Detta condizione deve essere intesa nel senso che, all’atto dell’assegnazione, solo per i soci che rivestivano tale qualifica anche alla predetta data del 30 settembre 2015 si può fruire delle agevolazioni previste dalla disposizione in esame. Al riguardo, si fa presente che la percentuale di partecipazione del socio, della quale occorre tenere conto ai fini dell’assegnazione, è quella esistente alla data dell’assegnazione medesima e che non ricorre la necessità dell’ininterrotto possesso della partecipazione dalla data del 30 settembre 2015 alla data dell’assegnazione al socio del bene agevolato.

Il subentro dell’erede nella qualità di socio successivamente alla predetta data del 30 settembre 2015, a seguito della accettazione dell’eredità da parte dell’erede medesimo, non è di ostacolo alla possibilità anche per quest’ultimo di fruire della agevolazione in esame in quanto non si tratta di una cessione volontaria della partecipazione.

L’agevolazione è inoltre applicabile anche nei casi in cui le azioni o quote dell’effettivo socio siano intestate a società fiduciarie. In tale ipotesi, la società fiduciaria deve risultare iscritta nel libro dei soci alla data del 30 settembre 2015 ed è necessario fornire la prova che il rapporto fiduciario, tra la società fiduciante ed il fiduciario, sia sorto anteriormente alla predetta data.

Nel caso in cui sulla partecipazione sia stato costituito un diritto di usufrutto, la qualità di socio, ai fini di cui trattasi, va riferita al soggetto titolare della nuda proprietà.

Da ultimo si fa presente che, relativamente alle società non obbligate alla tenuta del libro dei soci (ad esempio, società di persone), l’identità dei soci medesimi alla data del 30 settembre 2015 deve essere provata mediante idoneo titolo avente data certa.

2.1 Casi particolari di assegnazione

Nei casi di fusione (propria o per incorporazione) o di scissione (totale o parziale), in ossequio al principio di continuità fiscale che assiste dette operazioni, la società incorporante risultante dalla fusione e le società beneficiarie delle scissioni possono procedere all’assegnazione dei beni, anche nei confronti dei soci delle società incorporate, fuse o scisse, sempre che questi ultimi abbiano rivestito tale qualità di soci presso le società di provenienza alla data del 30 settembre 2015.

Si precisa, al riguardo, che in tal caso ai soci possono essere assegnati con la disciplina agevolata tutti i beni risultanti in capo alla nuova società (incorporante risultante dalla fusione o beneficiaria della scissione), sempreché gli stessi non rientrino tra quelli strumentali per destinazione.

Gli stessi criteri valgono anche per le operazioni di cessione agevolata.

3 Ambito oggettivo di applicazione dell’agevolazione

Il comma 115 dell’articolo 1 prevede la possibilità di assegnare ai soci taluni beni, le cui caratteristiche debbono essere verificate, ai fini di cui trattasi, nel momento dell’assegnazione, a prescindere dalla data di acquisizione al patrimonio della società. A tal fine, il momento dell’assegnazione deve essere individuato in quello in cui l’atto d’assegnazione viene effettuato e non in quello della delibera che dispone l’assegnazione medesima. Tali precisazioni valgono anche nelle ipotesi di beni (autovetture ovvero immobili) concessi in uso ai dipendenti per esigenze di lavoro.

Il cambiamento di destinazione d’uso anche se effettuato in prossimità della data di assegnazione per acquisire lo status di bene agevolabile è scelta preordinata all’esercizio di una facoltà prevista dal legislatore dalla quale origina un legittimo risparmio di imposta non sindacabile ai sensi dell’articolo 10-bis della legge n. 212 del 27 luglio 2000.

Non rientrano tra i beni assegnabili in modo agevolato i singoli diritti, quali quelli reali afferenti i beni medesimi (es., usufrutto, nuda proprietà,) ovvero quelli edificatori.

Al riguardo va osservato, infatti, che essendo la disciplina in esame applicabile solo nei confronti dei beni, non è possibile beneficiare della stessa qualora la società intenda assegnare non l’intera proprietà, ma un singolo diritto sul bene. Nel caso in cui la società risulti titolare di un diritto reale parziale sul bene (ad esempio, sia titolare della nuda proprietà e abbia dato in usufrutto o in abitazione il bene al socio), si ritiene, tuttavia, che sia possibile beneficiare della disciplina in esame qualora la società si liberi del suo diritto reale parziale assegnando definitivamente il bene al socio. Anche in tal caso, infatti, si realizza la fuoriuscita del bene dal patrimonio della società a quello del socio.

In particolare, i beni che possono formare oggetto dell’assegnazione agevolata ai soci sono i seguenti:

 beni immobili, diversi da quelli indicati nell’art. 43, comma 2, primo periodo, del T.U.I.R.;

 beni mobili iscritti in pubblici registri non utilizzati come strumentali per l’attività propria dell’impresa.

Nell’ipotesi di società che si trovano in una fase di liquidazione – in cui non è esercitata alcuna attività d’impresa, ma si è in presenza di una mera fase di chiusura dei rapporti di credito/debito verso terzi finalizzata alla cessazione dell’attività – gli immobili possono, in linea generale, rientrare nell’assegnazione agevolata in esame. In tal caso, infatti, si ritiene rispettata la finalità della disciplina in commento che intende favorire la fuoriuscita di quei beni che non sono direttamente utilizzati nell’espletamento di attività tipicamente imprenditoriali.

Come già precisato, l’assegnazione dei beni costituisce, insieme all’attribuzione di denaro, uno degli strumenti attraverso cui la società effettua la distribuzione dell’utile di esercizio, la ripartizione di riserve (di utili o di capitale), la riduzione del capitale sociale.

Non costituisce causa ostativa l’attribuzione di beni agevolabili solo a taluni soci anziché alla generalità di essi; possono essere contestualmente assegnati sia beni agevolabili che beni non agevolabili.

Ciò posto, vengono di seguito esaminate le due categorie di beni assegnabili ai soci in modo agevolato.

3.1 Beni immobili, diversi da quelli indicati nell’art. 43, comma 2, primo periodo, del T.U.I.R.

Possono essere assegnati in regime agevolato solo beni immobili diversi da quelli strumentali per destinazione, vale a dire diversi da quelli utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa da parte della società.

Si definiscono strumentali per destinazione quegli immobili che hanno come unico impiego quello di essere “direttamente utilizzati” nell’espletamento di attività tipicamente imprenditoriali, senza risultare idonei a produrre un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale nel quale sono inseriti.

Sono, quindi, assegnabili in modo agevolato gli immobili diversi da quelli strumentali per destinazione, vale a dire:

 quelli strumentali per natura, sempre che siano concessi in locazione, comodato, o, comunque, non direttamente utilizzati dall’impresa;

 quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa;

 quelli che concorrono a formare il reddito d’impresa secondo le disposizioni di cui all’art. 90 del T.U.I.R.

Sono, invece, esclusi dall’agevolazione i beni immobili i quali, pur essendo per le loro caratteristiche qualificabili tra quelli strumentali per natura, in quanto non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, sono tuttavia utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa da parte del loro possessore.

Sono, invece, agevolabili in quanto si considerano “non strumentali per destinazione” quegli immobili che, pur concorrendo alla determinazione del reddito d’impresa che la società consegue, si caratterizzano per il fatto di costituire beni oggetto dell’attività d’impresa e di essere suscettibili di produrre un loro autonomo reddito attratto al reddito d’impresa (quali, in generale, gli immobili locati a terzi).

Appartengono a tale categoria, gli immobili posseduti dalle società che hanno per oggetto la gestione di immobili, in quanto gli stessi sono idonei a produrre un autonomo reddito (quello che deriva dalla loro locazione) ancorché, per principio di attrazione, lo stesso concorra alla unitaria determinazione del reddito di impresa.

Si chiarisce, al riguardo, il caso in cui, accanto ad un’attività di gestione passiva che si manifesta con la mera percezione di canoni di locazione/affitto relativi ad una pluralità di immobili (che consente l’assegnazione/cessione agevolata), si ponga in essere un’attività consistente nell’esecuzione di una serie di servizi complementari e funzionali alla utilizzazione unitaria del complesso immobiliare, con finalità diverse dal mero godimento dello stesso. Trattasi, ad esempio, degli immobili che fanno parte di complessi immobiliari aventi destinazione unitaria quali villaggi turistici, centri sportivi, gallerie commerciali.

La prestazione di tali servizi può risultare essenziale e determinante, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, al fine di considerare tali immobili come componente inscindibile di una gestione attiva del compendio immobiliare. In tale ottica, gli immobili in questione vanno considerati quali beni “utilizzati direttamente nell’esercizio dell’impresa” e quindi esclusi dalla disciplina agevolata in esame. Al fine di individuare se i predetti requisiti siano essenziali e determinanti si rinvia ai criteri enunciati nel capitolo 4 della circolare n. 7/E del 29 marzo 2013.

Con riferimento alle società operanti nel settore agricolo, si precisa che qualora il terreno sia utilizzato per effettuare la coltivazione e/o l’allevamento di animali lo stesso non è assegnabile ai soci in regime agevolato, essendo in tal caso impiegato dalla società nell’esercizio dell’impresa.

Rientrano, invece, nella disciplina in esame i terreni concessi in locazione o in comodato al momento dell’assegnazione, non essendo in tal caso gli stessi impiegati dalla società nell’esercizio dell’impresa.

3.2 Beni mobili iscritti in pubblici registri non utilizzati come strumentali per l’attività propria dell’impresa.

La norma in esame prevede la possibilità di assegnare in modo agevolato ai soci i beni mobili iscritti in pubblici registri non utilizzati come strumentali per l’attività propria dell’impresa. Circa il concetto di strumentalità nell’ambito dell’attività propria dell’impresa, restano confermate le precisazioni più volte fornite dalla scrivente sull’argomento: trattasi di quei beni senza i quali l’attività dell’impresa non può essere esercitata. Rientrano, ad esempio, in tale fattispecie, le autovetture per le imprese che effettuano attività di noleggio delle stesse, gli aeromobili da turismo e le imbarcazioni da diporto utilizzati rispettivamente dalle scuole di addestramento al volo e alla navigazione.

4 Determinazione della base imponibile ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva

Il comma 116, dell’articolo 1 dispone che sulla differenza tra il valore normale dei beni assegnati e il loro costo fiscalmente riconosciuto si applica una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) nella misura dell’8 per cento, ovvero del 10,5 per cento per le società considerate non operative in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento della assegnazione.

Per i beni la cui assegnazione è soggetta ad IVA, l’imposta si applica nei modi ordinari sul valore normale dei beni con l’aliquota propria dei medesimi.

Ai fini della determinazione della base imponibile dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap, fermo restando per tutti i beni assegnabili il riferimento al costo fiscalmente riconosciuto, il comma 117 dell’articolo 1 stabilisce, con riferimento ai beni immobili, che su richiesta della società e nel rispetto delle condizioni prescritte dalla norma in esame, il valore normale, in alternativa a quello di cui all’art. 9 del T.U.I.R., può essere determinato in misura pari a quello risultante dall’applicazione all’ammontare delle rendite risultanti in catasto dei moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo del comma 4 dell’articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

Il richiamato comma 4 dell’articolo 52 del d.P.R. n. 131 del 1986 prevede la c.d. valutazione automatica, secondo cui non sono sottoposti a rettifica il valore o il corrispettivo degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a 75 volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a 100 volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sul reddito.

Si rammenta che il meccanismo della valutazione automatica fondata sulle rendite catastali, come chiarito con la circolare 29 maggio 2013, n. 18 ha subito modifiche nel corso degli anni, per effetto dell’aggiornamento dei moltiplicatori attuato, tra l’altro, con l’articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, con l’articolo 1-bis del decreto legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito con la legge 30 luglio 2004, n. 191 e, da ultimo, con l’articolo 2 del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito con la legge 24 novembre 2006, n. 286.

In definitiva, i coefficienti da applicare alle rendite, anche ai fini della determinazione della base imponibile dell’imposta sostitutiva in argomento sono i seguenti: TIPOLOGIA

COEFFICIENTE

Terreni

112,5

Categoria C/1 ed E

42,84

Categoria A/10 e D

63

Tutti gli altri fabbricati

126

Categoria B

176,40

Fabbricati “Prima Casa”

115,5

Con riferimento a quanto precede, si precisa che, ai fini dell’assegnazione, il valore normale degli immobili – analogamente al criterio espressamente previsto dalla norma con riferimento alla cessione degli immobili stessi, di cui si tratterà nel prosieguo – può essere computato in misura non inferiore ad uno dei sopra indicati valori. Pertanto, ad esempio, qualora il valore normale del bene immobile che si intende assegnare, determinato ai sensi dell’art. 9 del T.U.I.R., sia pari a 100 e quello risultante dall’applicazione dei moltiplicatori delle rendite catastali sia pari a 80, il valore normale ai fini

Come sopra evidenziato, è possibile beneficiare della disciplina in esame anche nel caso in cui la società risulti titolare di un diritto reale parziale sul bene (ad esempio, sia titolare della nuda proprietà e abbia dato in usufrutto o in abitazione il bene al socio) e provveda a liberarsene assegnando definitivamente il bene al socio. In tal caso, ai fini della determinazione della plusvalenza da assoggettare a imposta sostitutiva, in linea di principio, occorre far riferimento al valore (normale o catastale) della piena proprietà ridotto del diritto precedentemente concesso al socio (ad esempio, usufrutto o abitazione) calcolato sulla base del valore normale o catastale di cui all’articolo 48 del TUR. Va da se che il valore normale o catastale del bene ridotto del diritto concesso al socio deve essere confrontato con il valore fiscale della piena proprietà del bene anch’esso ridotto del valore del diritto concesso al socio.

Il valore normale per i beni mobili iscritti in pubblici registri, non dettando la norma in esame alcuna particolare previsione, deve essere individuato in base alle ordinarie disposizioni del comma 3 dell’art. 9 del T.U.I.R..

L’altro elemento da considerare per la determinazione della base imponibile cui applicare l’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap – nella misura dell’8 per cento, ovvero del 10,5 per cento per le società considerate non operative – è costituito dal costo fiscalmente riconosciuto del bene assegnato.

A tale riguardo si precisa che, relativamente ai beni plusvalenti, il costo fiscalmente riconosciuto è determinato secondo i criteri previsti dall’art. 110, comma 1, lettera b), del T.U.I.R., al netto degli ammortamenti fiscalmente dedotti.

Con riferimento ai beni che in caso di cessione, ai sensi dell’art. 85, comma 1, lett. a) e b), del T.U.I.R., danno luogo a ricavi (così detti beni-merce), nell’ipotesi in cui questi non siano valutati dalla società in base al metodo del “costo specifico”, il costo fiscalmente riconosciuto va determinato facendo quindi riferimento ad una situazione di magazzino, relativa ai beni assegnati, redatta alla data di assegnazione con i criteri di cui all’articolo 92 del T.U.I.R.

Si precisa, inoltre, che nell’ipotesi in cui il valore normale/catastale dei beni assegnati sia inferiore al loro costo fiscalmente riconosciuto, la base imponibile ai fini del calcolo dell’imposta sostitutiva sarà pari a zero e la minusvalenza non è deducibile ai fini della determinazione del reddito d’impresa.

Tuttavia, la mancanza di base imponibile non preclude la possibilità di fruire della disciplina agevolativa in esame.

L’aliquota dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap, da applicare alla base imponibile come sopra determinata è, come già precisato, pari all’8 per cento, ovvero al 10,5 per cento per le società considerate non operative in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento della assegnazione.

Sulla base di quanto chiarito nella relazione illustrativa alla disciplina di scioglimento agevolato in esame, l’imposta sostitutiva del 10,5 per cento è applicabile in relazione ai soggetti nei cui confronti trova applicazione la disciplina delle c.d. “società non operative” (ossia, le società che non superano il test di operatività previsto dall’articolo 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724) o delle c.d. “società in perdita sistematica” (ossia, le società che presentano tre periodi di imposta in perdita ai sensi dell’articolo 2 dei commi 36-decies e seguenti del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, successivamente aumentati a cinque dall’articolo 18 del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore di quest’ultimo decreto – cfr. Circolare n. 31/E del 2014, par. 9, e Circolare n. 6/E del 2015, par. 11.3), per almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento della assegnazione, cessione o trasformazione.

Nell’ipotesi in cui un soggetto con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare provveda all’assegnazione di beni ai propri soci nel corso del 2016, occorrerà verificare se in almeno due dei tre periodi d’imposta precedenti all’assegnazione (ossia, per il triennio 2013, 2014 e 2015) lo stesso sia considerato come “non operativo” o “in perdita sistematica”. Pertanto, il soggetto interessato valuterà per ognuno dei periodi d’imposta compresi nel triennio di osservazione (ad esempio, per il 2014) il ricorrere delle condizioni previste dall’articolo 30, comma 1, della legge n. 724 del 1994 (ossia, l’esistenza di ricavi minimi presunti superiori a quelli analitici per lo stesso 2014) ovvero di quelle richieste dall’articolo 2 dei commi 36-decies e seguenti del decreto legge n. 138 del 2011 (ossia, l’essere consecutivamente in perdita fiscale per i cinque periodi d’imposta precedenti al 2014 ovvero per il quinquennio 2009, 2010, 2011, 2012 e 2013). Di conseguenza, qualora lo stesso soggetto si qualifichi come “non operativo” o “in perdita sistematica” per due periodi d’imposta nell’ambito del triennio di osservazione (ad esempio, nel triennio 2013-2015, si qualifichi, per il 2013, come “non operativo” e, per il 2014, come “in perdita sistematica” mentre, per il 2015, ricorra una causa di disapplicazione automatica rilevante sia per la disciplina delle “società non operative” che per quella delle “società in perdita sistematica”) precedente al periodo d’imposta di assegnazione dei beni (il 2016), troverà applicazione l’imposta sostitutiva in parola con l’aliquota del 10,5 per cento.

Si precisa, altresì, che la società è considerata “non operativa” a prescindere dalla circostanza che il reddito effettivo sia superiore rispetto a quello determinato attraverso l’applicazione dei coefficienti di cui al comma 3 del citato articolo 30 (cfr. la Circolare n. 25/E del 2007).

Inoltre, sulla condizione di “non operatività” e su quella di “perdita sistematica” ha influenza l’esistenza di una delle cause di esclusione previste dall’articolo 30 della legge n. 724 del 1994 o di disapplicazione automatica previste dai Provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14 febbraio 2008 e dell’11 giugno 2012, ovvero il parere di accoglimento dell’istanza presentata ai sensi del comma 4-bis nel medesimo articolo 30.

In proposito, si ricorda che le società in stato di liquidazione le quali, con impegno assunto in dichiarazione dei redditi, richiedono la cancellazione dal registro delle imprese (a norma degli articoli 2312 e 2495 del codice civile) entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi successiva, beneficiano della disapplicazione automatica delle discipline in esame come previsto nei ricordati Provvedimenti del 14 febbraio 2008 e dell’11 giugno 2012.

Si fa, altresì, presente che non troveranno applicazione le disposizioni in materia di “società non operative” e di “società in perdita sistematica” nei confronti dei soggetti che ritengono sussistere le condizioni di cui al comma 4-bis del citato articolo 30 ma che non hanno presentato l’istanza di interpello ivi prevista ovvero, avendola presentata, non hanno ricevuto risposta positiva, e che, al contempo, hanno dato separata indicazione nella dichiarazione dei redditi di tali circostanze (come previsto dall’articolo 30, comma 4-quater della legge n. 724 del 1994 come sostituito dall’articolo 7, comma 12, lettera c), del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e, pertanto, dal periodo d’imposta 2015 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare).

Va sottolineato che troverà applicazione l’aliquota dell’8 per cento per tutte le società che non dispongono del periodo triennale di osservazione richiesto dal predetto articolo 1, comma 116. Ad esempio, nei confronti di una società costituita nel corso del 2014 che assegni i propri beni nel 2016, troverà applicazione l’aliquota dell’8 per cento non disponendo la stessa del periodo triennale di osservazione richiesto dal citato comma 116.

L’ultimo periodo del comma 116 dell’articolo 1 dispone che le riserve in sospensione d’imposta, annullate per effetto dell’assegnazione dei beni ai soci, sono soggette ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 13 per cento.

Tali riserve possono derivare, ad esempio, da una precedente legge speciale di rivalutazione di cui la società ha beneficiato.

5 Il versamento dell’imposta sostitutiva

Le società che si avvalgono delle disposizioni della norma in esame devono versare il 60 per cento dell’imposta sostitutiva entro il 30 novembre 2016 e la restante parte entro il 16 giugno 2017 con i criteri di cui al D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241.

Si evidenzia che l’esercizio dell’opzione per l’assegnazione agevolata dei beni deve ritenersi perfezionato con l’indicazione in dichiarazione dei redditi dei valori dei beni assegnati e della relativa imposta sostitutiva.

Pertanto, l’omesso, insufficiente e/o tardivo versamento della relativa imposta sostitutiva non rileva ai fini del perfezionamento dell’assegnazione agevolata. In tal caso, l’imposta sostitutiva non versata è iscritta a ruolo ai sensi degli articoli 10 e seguenti del DPR 29 settembre 1973, n. 602, fermo restando la possibilità per il contribuente di avvalersi delle disposizioni contenute nell’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 (cosiddetto “ravvedimento operoso”).

6 Effetti dell’operazione di assegnazione nei confronti dei soci assegnatari

Occorre preliminarmente precisare che la norma ha lo scopo di consentire alle società in nome collettivo, in accomandita semplice, a responsabilità limitata, per azioni e in accomandita per azioni di assegnare beni ai soci, applicando un’imposta sostitutiva sulla differenza tra il valore normale dei beni stessi ed il loro costo fiscalmente riconosciuto, che chiuda (fino a concorrenza dell’ammontare tassato) qualsiasi debito tributario sia in capo alla società, sia in capo al socio. Ne consegue che il pagamento dell’imposta sostitutiva operato dalla società risulta definitivo e liberatorio per i soci assegnatari di qualsiasi ulteriore tassazione, esattamente come previsto nel caso delle trasformazioni agevolate in società semplici.

Si ricorda che, per il socio di una società di capitali, il trattamento fiscale delle attribuzioni di somme o beni è rinvenibile nell’art. 47 del TUIR, norma di carattere sostanziale rubricata “Utili da partecipazioni in società ed enti”. Da questa norma emerge il principio che le attribuzioni effettuate a titolo di restituzione di riserve di capitale sono irrilevanti sotto il profilo reddituale, ma riducono il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione. Nell’ipotesi in cui la restituzione (assegnazione) ecceda il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, tale differenza è tassabile in capo al socio. Dalla stessa norma si ricava indirettamente l’ulteriore principio che, nei casi di attribuzione di somme o beni a titolo di ripartizione di riserve di utili, l’incasso del dividendo da parte del socio costituisce reddito per il percettore e non comporta la riduzione del costo fiscale della partecipazione. Se sono stati assegnati beni il dividendo si determina in misura pari al valore normale degli stessi, ai sensi dell’art. 9, commi 2 e 3 del TUIR.

L’articolo 1, comma 118, escludendo le particolari assegnazioni in oggetto dalla disciplina delle disposizioni di cui ai commi 1, secondo periodo, e da 5 a 8 dell’articolo 47 del TUIR, intende garantire che non scattino le presunzioni previste dalla stessa disposizione. Ovviamente, tale effetto è limitato alla differenza tra i maggiori valori dei beni assegnati e il loro valore contabile fiscalmente riconosciuto su cui è stata corrisposta l’imposta sostitutiva che si considera prelevata a titolo definitivo.

Si precisa che ai fini dell’applicazione della disposizione di cui all’art. 67, comma 1, lett. b), del T.U.I.R., che prevede l’imponibilità delle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquisiti da non più di cinque anni, l’operazione di assegnazione fissa il giorno a partire dal quale decorre il quinquennio di osservazione. Il socio assegnatario può, quindi, cedere senza generare plusvalenze solo dopo che sono trascorsi almeno cinque anni dall’assegnazione dell’immobile.

Per meglio comprendere l’effettiva portata delle disposizioni in esame, si analizzano, di seguito, gli effetti della assegnazione sulla tassazione in capo ai soci, distinguendo i casi in cui l’assegnazione è effettuata da società di capitali rispetto all’ipotesi in cui la stessa è operata da società di persone.

6.1 Tassazione del socio di società di capitali

Nel caso di distribuzione di riserve di utili, sui percettori del dividendo, opera poi un autonomo prelievo pari:

 per i soggetti IRES, al 5 per cento degli utili percepiti. Ciò al fine di individuare, in maniera forfetaria, una quota dei costi relativi alla gestione delle partecipazioni da assoggettare a tassazione.

 per i soggetti IRPEF, al 49,72 per cento degli utili percepiti, al fine di ricostruire la progressività dell’imposta.

In definitiva, alla luce di quanto appena evidenziato, deve ritenersi che, per i soci delle società di capitali, il pagamento dell’imposta sostitutiva operato dalla società determina l’irrilevanza in capo al socio dell’importo assoggettato a tassazione dalla società.

Si evidenzia, peraltro, che per il socio assume rilevanza ai fini della tassazione (ossia come riduzione del valore della partecipazione nel caso di distribuzione di riserve di capitale o come dividendo nell’ipotesi di distribuzione di riserve di utili) il valore (normale o catastale) preso a riferimento dalla società per la determinazione della base imponibile ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva.

Il costo fiscalmente riconosciuto del bene assegnato al socio sarà, conseguentemente, pari al valore (normale o catastale) del bene che ha assunto rilevanza in capo alla società per l’applicazione dell’imposta sostitutiva. Ciò a prescindere dall’importo eventualmente contabilizzato dal socio assegnatario.

Si precisa, peraltro, che in caso di assegnazione dei beni con contestuale accollo dei debiti da parte del socio, il valore da considerare ai fini della rilevanza fiscale in capo a quest’ultimo deve essere considerato al netto dell’importo dei debiti accollati.

Come già evidenziato, l’assegnazione dei beni assumerà rilevanza per il socio come dividendo se saranno state annullate riserve di utili, ovvero in riduzione del costo della partecipazione se saranno state annullate riserve di capitale.

6.1.1 Assegnazione agevolata con riduzione di riserve di capitale

L’assegnazione dei beni ai soci comporta una riduzione del patrimonio netto della società in contropartita della riduzione dell’attivo dello stato patrimoniale conseguente al trasferimento dei beni dalla sfera patrimoniale della società a quella del socio.

Il riconoscimento, ai fini fiscali, del maggior valore del bene in capo al socio, per effetto del pagamento dell’imposta sostitutiva da parte della società, comporta la rideterminazione del costo della partecipazione. Quest’ultimo, infatti, dovrà essere incrementato in primo luogo del maggior “valore affrancato” ed in secondo luogo, decrementato in conseguenza della fuoriuscita del bene dal patrimonio sociale.

In sostanza, il socio assegnatario, prima di operare la riduzione del costo della partecipazione, ai sensi dell’ultimo periodo del comma 118 dell’articolo 1, in misura pari al valore normale del bene assegnato, dovrà incrementare lo stesso costo per la differenza assoggettata ad imposta sostitutiva, così come previsto dal primo periodo dello stesso comma 118, in relazione alle operazioni di trasformazione.

Nell’ipotesi in cui il valore del bene assegnato dovesse essere maggiore rispetto al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, incrementato della differenza assoggettata ad imposta sostitutiva, l’eccedenza è soggetta a tassazione nei modi ordinari in capo al socio assegnatario.

Esempio 1: annullamento riserve di capitale

Si supponga che il socio abbia una partecipazione in una società di capitali che possiede tra l’altro il bene assegnato e che prenda a riferimento il valore catastale per determinare la plusvalenza.

Si ipotizzino, inoltre, i seguenti valori in capo alla società:

– Valore normale del bene assegnato: 100;

– Valore catastale del bene assegnato: 90;

– Valore fiscale e contabile del bene ante assegnazione: 70;

– Valore riserve di capitale annullate: 100;

– Differenza su cui si applica l’imposta sostitutiva: 20 (90-70).

Si ipotizzi, inoltre, che il costo della partecipazione del socio ante assegnazione sia pari a 60.

In tal caso, dopo l’assegnazione la situazione in capo al socio sarà la seguente:

– Costo della partecipazione post assegnazione: -10 (60 + 20 – 90);

– Differenza da assoggettare a tassazione: 10 (90 – 80);

– Costo fiscale del bene in capo al socio: 90.

Come si evince dall’esempio, dopo l’assegnazione, il socio riduce il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione (60), incrementato della differenza assoggettata ad imposta sostitutiva (20), per un importo pari al valore catastale del bene assegnato (90).

Poiché il valore catastale del bene assegnato (90) è maggiore rispetto al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione (60), l’eccedenza ridotta della differenza assoggettata ad imposta sostitutiva dalla società (30-20) è soggetta a tassazione nei modi ordinari.

Il costo fiscalmente riconosciuto del bene assegnato al socio sarà, conseguentemente, pari al valore catastale del bene che ha assunto rilevanza in capo alla società per l’applicazione dell’imposta sostitutiva.

6.1.2 Assegnazione agevolata con riduzione di riserve di utili ovvero con riduzione di riserve di utili e di capitale

In caso di assegnazione agevolata mediante riduzione di riserve di utili, il costo della partecipazione in capo al socio rimarrà inalterato. La differenza tra il valore normale del bene e la plusvalenza assoggettata ad imposta sostitutiva concorrerà al reddito del socio assegnatario secondo i modi ordinari.

Esempio 2: annullamento riserve di utili

Si supponga che il socio abbia una partecipazione in una società di capitali che assegna il bene annullando riserve di utili e prendendo a riferimento il valore catastale per determinare la plusvalenza. Si ipotizzino, inoltre, i seguenti valori:

– Valore normale del bene assegnato: 100;

– Valore catastale del bene assegnato: 90;

– Valore fiscale del bene: 70;

– Valore riserve di utili annullate 100;

– Differenza su cui si applica l’imposta sostitutiva: 20 (90-70).

Si ipotizzi, inoltre, che il costo della partecipazione del socio ante assegnazione sia pari a 30.

In tal caso, dopo l’assegnazione la situazione in capo al socio sarà la seguente:

– Costo della partecipazione del socio post assegnazione: 30;

– Importo da assoggettare a tassazione come dividendo: 70 (90 – 20)

– Costo fiscale del bene in capo al socio: 90.

Come si evince dall’esempio, dopo l’assegnazione, il socio mantiene inalterato il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione (30) e assoggetta a tassazione come dividendo il valore catastale del bene assegnato al netto della differenza assoggettata ad imposta sostitutiva dalla società (90-20). Il costo fiscale del bene in capo al socio sarà pari al valore catastale, considerato che quest’ultimo ha assunto rilevanza ai fini della tassazione in capo al socio stesso.

Esempio 3: annullamento riserve di utili e di capitale

Si supponga che il socio abbia una partecipazione in una società di capitali che assegna il bene annullando per pari importo riserve di utili (50) e di capitale (50) e che prenda a riferimento il valore catastale per determinare la plusvalenza. Si ipotizzino, inoltre, i seguenti valori:

– Valore normale del bene assegnato: 100;

– Valore catastale del bene assegnato: 90;

– Valore fiscale del bene: 70;

– Valore riserve di capitale annullate: 50;

– Valore riserve di utili annullate: 50;

– Differenza su cui si applica l’imposta sostitutiva: 20 (90-70).

Si ipotizzi, inoltre, che il costo della partecipazione del socio ante assegnazione sia pari a 55.

In tal caso, dopo l’assegnazione la situazione in capo al socio sarà la seguente:

– Costo della partecipazione del socio post assegnazione: 20 (55+10-45);

– Importo da assoggettare a tassazione come dividendo: 35 (45-10);

– Costo fiscale del bene in capo al socio: 90.

Come si evince dall’esempio, dopo l’assegnazione, il socio – a fronte dell’annullamento di riserve di capitale per 50 – incrementa il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione per un importo pari al 50 per cento dell’importo assoggettato a imposta sostitutiva dalla società (ossia 10, pari al 50% di 20) e, contestualmente, lo riduce per un importo pari al 50 per cento del valore catastale del bene assegnato (ossia 45, pari al 50% di 90).

A fronte dell’annullamento di riserve di utili, sempre per 50, la differenza (35) tra il 50 per cento del valore catastale del bene assegnato (ossia 45, pari al 50% di 90) e il 50 per cento dell’importo assoggettato a imposta sostitutiva dalla società (ossia 10, pari al 50% di 20) concorrerà al reddito come dividendo nei modi ordinari.

Il costo fiscale del bene in capo al socio sarà pari al valore catastale, considerato che quest’ultimo ha assunto rilevanza ai fini della tassazione in capo al socio stesso.

6.2 Tassazione del socio di società di persone

Per i soci delle società di persone l’applicazione delle ordinarie regole di tassazione per trasparenza in capo soci determina che il pagamento dell’imposta sostitutiva rende – per l’importo già assoggettato a tassazione – definitiva e liberatoria la tassazione in capo ai soci assegnatari.

In particolare, l’assegnazione dei beni ai soci comporta una riduzione del patrimonio netto della società in contropartita della riduzione dell’attivo dello stato patrimoniale conseguente al trasferimento dei beni dalla sfera patrimoniale della società a quella del socio.

Il riconoscimento, ai fini fiscali, del maggior valore del bene in capo al socio, per effetto del pagamento dell’imposta sostitutiva, comporta la rideterminazione del costo della partecipazione. Quest’ultimo, infatti, dovrà essere incrementato in primo luogo del maggior valore assoggettato a imposta sostitutiva dalla società ed, in secondo luogo, decrementato in conseguenza della fuoriuscita del bene dal patrimonio sociale.

In particolare, il versamento dell’imposta sostitutiva effettuato dalla società determina, in misura proporzionale, l’incremento del valore della partecipazione di tutti i soci – al fine di rendere definitiva e liberatoria la tassazione operata dalla società – mentre il bene potrà essere attribuito ad uno solo dei soci con conseguenziali effetti di riduzione del valore fiscale della partecipazione.

Si evidenzia, peraltro, che per il socio assume rilevanza ai fini della tassazione (ossia come riduzione del valore della partecipazione) il valore (normale o catastale) preso a riferimento dalla società per determinare la plusvalenza da assoggettare a imposta sostitutiva.

In sostanza, il socio assegnatario, prima di operare la riduzione del costo della partecipazione in misura pari al valore (normale o catastale) del bene preso a riferimento dalla società, dovrà incrementare lo stesso costo per la differenza assoggettata ad imposta sostitutiva.

Esempio 4: tassazione socio di società di persone

Si supponga che il socio abbia una partecipazione in una società di persone che possiede solo il bene assegnato e che prenda a riferimento il valore catastale per determinare la plusvalenza (indipendentemente dal fatto che riduca riserve di utili o di capitali). Si ipotizzino, inoltre, i seguenti valori:

– Valore normale del bene assegnato: 100;

– Valore catastale del bene assegnato: 95

– Valore fiscale del bene: 90;

– Differenza su cui si applica l’imposta sostitutiva: 5 (95-90);

– Costo della partecipazione del socio ante assegnazione: 90;

– Costo della partecipazione del socio post assegnazione: 0 (90 + 5 – 95);

– Differenza da assoggettare a tassazione: 0;

– Costo fiscale del bene in capo al socio: 95.

Come si evince dall’esempio, dopo l’assegnazione, il socio incrementa il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione (90) per un importo pari alla plusvalenza tassata in capo alla società (5) e, contestualmente, lo riduce per un importo pari al valore catastale del bene assegnato (95) preso a riferimento dalla società per determinare la plusvalenza da assoggettare a imposta sostitutiva.

Poiché il valore catastale del bene assegnato (95) è pari al nuovo costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione (95), non emerge una differenza da assoggettare a tassazione in capo al socio. Il costo fiscale del bene in capo al socio sarà, nell’esempio, pari al valore catastale del bene, considerato che quest’ultimo ha assunto rilevanza ai fini della tassazione in capo al socio stesso.

PARTE II – Disciplina ai fini dell’IVA e degli altri tributi indiretti

7 Imposta sul valore aggiunto

Le assegnazioni di beni ai soci, in base all’art. 2, secondo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633 del 1972, costituiscono cessioni di beni ed integrano il presupposto oggettivo ai fini dell’applicazione dell’IVA.

Il numero n. 6), secondo comma, del citato articolo 2 prevede, infatti, che sono considerate cessioni di beni e, quindi, sono soggette ad IVA “le assegnazioni ai soci fatte a qualsiasi titolo da società di ogni tipo e oggetto nonché le assegnazioni e le analoghe operazioni fatte da altri enti privati o pubblici, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica”.

Con la Circolare n. 40/E del 13 maggio 2002 è stato chiarito che – in coerenza con le disposizioni di cui all’art. 5 della VI Direttiva (ora articolo 16 della Direttiva 2006/112/CE), e con l’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee (causa C-322/99 e C-323/99) – l’assegnazione di beni ai soci realizza una ipotesi di destinazione a finalità estranee all’esercizio d’impresa. Sono, pertanto, applicabili anche ai casi di assegnazione di beni ai soci le disposizioni sull’autoconsumo (contenute nell’articolo 2, secondo comma, n.5), laddove prevedono la non applicazione dell’Iva per “quei beni per i quali non è stata operata, all’atto dell’acquisto, la detrazione dell’imposta di cui all’articolo 19”.

Trattasi dei casi in cui tali beni non abbiano consentito la detrazione dell’IVA in ragione del loro acquisto presso un soggetto privato, ovvero poiché l’acquisto è avvenuto prima dell’introduzione dell’IVA nell’ordinamento interno nonché dei casi in cui i beni sono acquistati o importati senza il diritto alla detrazione, neanche parziale, della relativa imposta, ai sensi degli articoli 19, 19-bis1 e 19-bis2 del D.P.R. n. 633 del 1972.

Sempre con la citata circolare n. 40/E del 2002 è stato, altresì, precisato che, in caso di acquisto dell’immobile senza applicazione dell’imposta, al quale abbiano fatto seguito interventi di riparazione e di recupero edilizio, per i quali, invece, si è provveduto alla detrazione dell’imposta, il contribuente – in conformità ai principi desumibili dalle sopra richiamate sentenze della Corte di Giustizia – all’atto dell’estromissione di tali beni, dovrà, in relazione all’imposta afferente a tali spese, operare la rettifica della detrazione a norma dell’art. 19-bis2, qualora le stesse siano incrementative del valore dell’immobile e non abbiano esaurito la loro utilità all’atto dell’estromissione.

Tale principio è stato successivamente ribadito con la Risoluzione n. 194/E del 17 giugno 2002.

Pertanto, sulla base dei principi generali, rilevano agli effetti dell’imposta, tutte le assegnazioni di beni per le quali la società abbia detratto, integralmente o parzialmente, l’IVA addebitatale in via di rivalsa al momento dell’acquisto, dell’importazione o dell’effettuazione degli investimenti prima indicati.

Viceversa esulano dall’ambito applicativo del tributo le fattispecie di assegnazione di beni in relazione alle quali era preclusa la detrazione dell’IVA all’atto dell’acquisto.

7.1 Determinazione della base imponibile

Come precisato in premessa, la disciplina in esame non prevede alcuna agevolazione in materia IVA, nemmeno con riferimento alle modalità di determinazione della base imponibile delle assegnazioni. Non trova, pertanto, applicazione in ambito IVA neanche la disposizione contenuta nel regime in commento che consente la determinazione della base imponibile delle assegnazioni sulla base del valore catastale dell’immobile.

Ai fini della determinazione della base imponibile occorrerà fare riferimento al criterio costituito “dal prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni” di cui all’art. 13, comma 2, lettera c), del D.P.R. n. 633 del 1972, così come riformulato dalla legge 7 luglio 2009, n. 88 (Legge Comunitaria 2008), nell’ambito degli interventi volti ad allineare la normativa nazionale in materia di IVA a quella comunitaria.

Detta previsione normativa è perfettamente conforme alla disciplina comunitaria dettata dall’articolo 74 della Direttiva n. 2006/112/CE, ai sensi della quale per le operazioni nelle quali manca il corrispettivo la base imponibile è costituita dal prezzo di acquisto dei beni o di beni simili, o, in mancanza del prezzo di acquisto, dal prezzo di costo, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni.

La previsione del criterio del prezzo di acquisto o di costo, in sostituzione di quello del valore normale, implica che la base imponibile IVA della cessione gratuita non comprenda il “ricarico” normalmente praticato sul mercato per quel bene, bensì sia costituita dal prezzo di acquisto del bene “attualizzato” al momento della cessione.

Utili riferimenti a riguardo possono essere tratti dalla sentenza della Corte di Giustizia UE, 17 maggio 2001 – procedimenti riuniti C-322/99 e C- 323/99 (sentenza Fischer) – secondo cui la base imponibile della cessione gratuita coincide con il “valore residuo del bene al momento del prelievo”. La medesima sentenza ha precisato altresì che, nella quantificazione di detto “valore residuo”, occorre tener conto anche delle spese relative agli interventi consistenti nell’incorporazione nel bene principale oggetto di cessione di altri beni che ne abbiano comportato un incremento duraturo di valore non interamente consumato al momento del prelievo.

La stessa Corte ha, peraltro, confermato tale orientamento con la sentenza 3 maggio 2013, causa C-142/12, in cui si è stabilita la non conformità al diritto comunitario di una norma nazionale che consideri il valore normale quale base imponibile dei beni destinati ad attività estranee a quella di impresa, nel caso in cui tale ultima attività cessi.

Pertanto, ai fini della determinazione dell’imponibile, il prezzo di acquisto non può essere limitato all’importo pagato per acquistare il bene, ma deve comprendere anche tutte le spese sostenute per riparare e completare il bene stesso durante la sua vita aziendale (sempreché si tratti di spese relative ad acquisti di beni e servizi in relazione ai quali sia sta applicata l’imposta e sia stata operata la detrazione della medesima), tenendosi, comunque, conto, anche con riferimento a queste, del deprezzamento che il bene ha subito nel tempo.

Tale criterio deve ritenersi applicabile anche nelle ipotesi di assegnazione ai soci di beni detenuti in forza di un contratto di leasing per i quali sia stata esercitata l’opzione di acquisto. Anche in tali casi, il valore dei beni deve corrispondere al valore residuo degli stessi al momento del prelievo, in modo tale che si tenga conto, come sopra precisato, dell’evoluzione del valore dei beni tra la data della loro acquisizione e quella della loro estromissione dall’attività di impresa. Attesa la necessità di rispettare le regole comunitarie, si esprime l’avviso che, ferma restando la generale qualificazione del leasing come prestazione di servizio, l’assegnazione dopo il riscatto assume, pertanto, rilevanza, ai fini dell’IVA, non già in funzione del solo prezzo di riscatto, ma di un valore che, oltre gli apprezzamenti e deprezzamenti di cui si è detto, deve essere calcolato tenendo conto anche dei canoni di leasing pagati alla società concedente prima dell’esercizio del riscatto.

7.2 Disciplina delle assegnazioni di immobili

La legge di stabilità 2016 consente l’assegnazione agevolata esclusivamente per gli immobili diversi da quelli strumentali per destinazione. Ai fini delle imposte sul reddito, si deve far riferimento ai fabbricati che non siano utilizzati direttamente dalla società nell’esercizio dell’impresa. Possono, pertanto, rientrare nell’assegnazione agevolata gli immobili merce, quelli patrimoniali e quelli che, pur essendo strumentali per natura , non sono utilizzati direttamente nell’esercizio della attività.

Le assegnazione degli immobili ai soci, ai fini IVA, sono, invece, assoggettate alle regole ordinarie dettate dal D.P.R. n. 633 del 1972.

In base a tali regole, l’IVA applicabile all’assegnazione dipende dalla natura dell’immobile oggetto di assegnazione, distinguendosi a tal proposito tre diverse fattispecie: i fabbricati abitativi, i fabbricati strumentali e, infine, i terreni.

Ai fini IVA, secondo le regole ordinarie, per individuare gli immobili strumentali rileva la qualifica oggettiva del fabbricato strumentale per natura, in quanto rientrante nelle categorie catastali B, C, D, E ed A/10, indipendentemente dall’utilizzo, cioè dalla effettiva destinazione strumentale all’attività propria dell’impresa.

7.2.1 Disciplina delle assegnazioni di fabbricati abitativi

In base all’art. 10, primo comma, n. 8-bis), del D.P.R. n. 633 del 1972, le assegnazioni di fabbricati abitativi – intendendosi per tali quelli appartenenti alla categoria catastale A con esclusione di quelli ricompresi negli A/10 – sono soggette al regime “naturale” di esenzione da IVA, ad eccezione delle seguenti ipotesi:

1) assegnazioni effettuate dalle imprese costruttrici o di ripristino degli stessi entro 5 anni dall’ultimazione della costruzione o dell’intervento;

2) assegnazioni poste in essere dalle stesse imprese anche successivamente, nel caso in cui nell’atto di assegnazione l’assegnante abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione;

3) assegnazioni di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali per le quali nell’atto di assegnazione l’assegnante/cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione.

7.2.2 Disciplina delle assegnazioni di fabbricati strumentali

Le assegnazioni di fabbricati strumentali, ai sensi dell’art. 10, primo comma, n. 8-ter), del D.P.R. n. 633 del 1972 (come modificato dal D.L. n. 83 del 2012), costituiscono operazioni imponibili se effettuate dalle imprese costruttrici o di ripristino degli stessi, entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento.

In tutti gli altri casi opera il regime “naturale” di esenzione da IVA ma è, comunque, riconosciuto all’assegnante/cedente il diritto di optare, nel relativo atto, per l’imponibilità.

7.2.3 Disciplina delle assegnazioni di terreni

Per quanto riguarda, invece, le assegnazioni aventi per oggetto un terreno, occorre distinguere a seconda che il terreno sia o meno suscettibile di utilizzazione edificatoria.

La Circolare del 29 maggio 2013, n. 18, richiamando la nozione di “area fabbricabile” contenuta nell’articolo 36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, ha chiarito che un’area si considera edificabile ancor prima della conclusione dell’iter procedimentale per l’approvazione dello strumento urbanistico generale, purché detto documento di pianificazione urbanistica sia stato adottato dal Comune.

Le assegnazioni che hanno per oggetto terreni non suscettibili di utilizzazione edificatoria non sono soggette ad IVA, ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. c.), del D.P.R. n. 633 del 1972.

Diversamente dai terreni non edificabili, le assegnazioni di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria sono imponibili con aliquota ordinaria.

7.3 Rettifiche alla detrazione

Nella considerazione che le assegnazioni possono riguardare beni ammortizzabili, occorre verificare se all’atto dell’assegnazione si renda necessario operare le rettifiche d’imposta disciplinate dall’art.19- bis 2 del D.P.R. 633 del 1972. Si evidenzia che ai sensi del comma 8 della suddetta norma i fabbricati o porzioni di fabbricati sono comunque considerati beni ammortizzabili. L’obbligo di operare la rettifica dell’IVA detratta al momento dell’acquisto e le modalità con le quali va operata dipende dal “regime” con il quale i beni ammortizzabili sono assegnati e dalla circostanza che l’assegnazione avvenga nel corso del relativo periodo di tutela fiscale.

Si ricorda che la rettifica va operata, a norma dell’art. 19-bis 2, in un’unica soluzione, con riferimento a tanti quinti o a tanti decimi quanti sono gli anni mancanti al compimento del periodo di tutela fiscale.

Si precisa, infine, che, in caso di assegnazione di immobili acquisiti mediante contratto di leasing per i quali sia stata esercitata l’opzione d’acquisto, ai fini del computo del periodo decennale di rettifica della detrazione occorre, di regola, fare riferimento alla data di esercizio del diritto di acquisto del bene da parte della società utilizzatrice. E’ da tale momento, infatti, che, a norma del suddetto art. 19-bis 2, comma 8, del menzionato D.P.R. n. 633 del 1972, decorre il periodo decennale di “tutela fiscale”.

8 Imposta di registro

L’articolo 1, comma 119, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 prevede che “Per le assegnazioni e le cessioni ai soci di cui ai commi da 115 a 118, le aliquote dell’imposta di registro eventualmente applicabili sono ridotte alla metà e le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa”. 

Al riguardo, appare utile rammentare che l’assegnazione dei beni ai soci è disciplinata, in via generale, nell’articolo 4, lettera d), n. 1) e 2) della tariffa, parte prima, allegata al TUR.

Tale disposizione stabilisce che nel caso di assegnazioni di beni ai soci soggette ad IVA si applica l’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro, mentre, in ogni altro caso, trovano applicazione le stesse aliquote previste dalla lettera a) del medesimo articolo 4 per i conferimenti di beni in società.

Resta pertanto ferma, in attuazione del principio di alternatività IVA -registro di cui all’articolo 40 del TUR, a mente del quale “per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si applica in misura fissa”, l’applicazione dell’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro per le assegnazioni ai soci soggette ad IVA.

8.1 Assegnazione beni immobili

Il principio di alternatività IVA -registro di cui all’articolo 40 del TUR, in base al quale i trasferimenti di beni immobili soggetti ad IVA scontano l’imposta di registro in misura fissa, trova una deroga per le ipotesi di assegnazioni di beni immobili ad uso abitativo che rientrano nel regime di esenzione IVA previste dall’articolo 10, comma 1, n. 8-bis, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, per le quali trova applicazione l’imposta di registro in misura proporzionale.

In considerazione della previsione recata dall’articolo 1, comma 119, della legge n. 208 del 2015 che stabilisce l’applicazione delle aliquote nella misura dimezzata per le assegnazioni soggette ad imposta di registro in misura proporzionale, e tenuto conto del combinato disposto degli articoli 1 e 4 della tariffa, parte prima, allegata al TUR, l’imposta di registro sarà dovuta con le seguenti aliquote:

1) 4,5% per le assegnazioni aventi ad oggetto beni immobili in genere (in luogo del 9%);

2) 1% per le assegnazioni aventi ad oggetto case di abitazione nei casi in cui ricorrono le condizioni per godere delle agevolazioni prima casa (in luogo del 2%);

3) 7,5% per le assegnazioni aventi ad oggetto terreni agricoli ( in luogo del 15%). Resta ferma la possibilità per il socio di usufruire delle agevolazioni previste per il settore agricolo ricorrendone i presupposti. Si rammenta, ad esempio, che, nel caso in cui il socio sia coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale (IAP) iscritto nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, potrà usufruire, ricorrendone i presupposti, delle agevolazioni previste per la piccola proprietà contadina dall’articolo 2, comma 4-bis, del DL 30 dicembre 2009, n. 194 (imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa di 200 euro ed imposta catastale nella misura dell’1%);

4) 2% per le assegnazioni aventi ad oggetto fabbricati destinati specificamente all’esercizio di attività commerciali e non suscettibili di altra destinazione senza radicale trasformazione nonché aree destinate ad essere utilizzate per la costruzione dei suddetti fabbricati o come loro pertinenze, nel rispetto dei termini previsti ‘ex lege’, ai sensi dell’articolo 4, lett. a), n. 2, della tariffa, parte prima, allegata al TUR (in luogo del 4%).

Per le assegnazioni indicate ai punti 1, 2 e 3, le imposte ipotecaria e catastale sono dovute nella misura fissa di 50 euro ciascuna, ai sensi dell’articolo 10, comma 3, del D. Lgs. 14 marzo 2011, n. 23; per le assegnazioni di immobili aventi ad oggetto fabbricati destinati specificamente all’esercizio di attività commerciali e non suscettibili di altra destinazione senza radicale trasformazione nonché per le aree destinate ad essere utilizzate per la costruzione dei suddetti fabbricati o come loro pertinenze, di cui al punto 4, le imposte ipotecaria e catastale si applicano nella misura fissa di euro 200 ciascuna.

Per quanto attiene alla determinazione della base imponibile trovano applicazione anche ai fini dell’imposta di registro le regole previste per la determinazione del valore normale delle assegnazioni dall’articolo 1, comma 117 della legge n. 208 del 2015.

Si rammenta che tale disposizione stabilisce che “Per gli immobili, su richiesta della società e nel rispetto delle condizioni prescritte, il valore normale può essere determinato in misura pari a quello risultante dall’applicazione delle rendite risultanti in catasto dei moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo del comma 4 dell’articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131”.

Il richiamato comma 4 dell’articolo 52 del TUR prevede il meccanismo della valutazione automatica che inibisce il potere di accertamento del valore da parte dell’amministrazione finanziaria nei casi in cui il corrispettivo indicato in atto sia pari o superiore al valore catastale degli immobili trasferiti, determinato moltiplicando la rendita catastale rivalutata per appositi coefficienti, come precisato nel precedente paragrafo 4. L’opzione per la determinazione della base imponibile con il criterio automatico dovrà essere effettuata dalla società.

8.2 Assegnazione beni mobili registrati

Inoltre, il comma 115 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2016 assoggetta alla disciplina di cui ai commi da 115 a 120 anche i beni mobili iscritti in pubblici registri.

Al riguardo, si fa presente che la menzionata disciplina sulle assegnazioni dei beni contenuta nell’articolo 4 della tariffa, parte prima, allegata al TUR rinvia, tra l’altro all’articolo 7 della tariffa, parte prima, lett. f), allegata al TUR che assoggetta ad imposta di registro in misure fisse crescenti in funzione delle caratteristiche (in specie la lunghezza dei natanti e delle imbarcazioni), gli atti di natura traslativa aventi ad oggetto le unità da diporto.

Tuttavia la circostanza che in relazione a detti beni sia prevista un’imposta di registro in misura fissa rende inapplicabile per gli atti di assegnazione aventi ad oggetto detti beni mobili registrati la disposizione di cui al citato articolo 1, comma 119, che prevede la riduzione alla metà delle aliquote dell’imposta proporzionale.

CAPITOLO II – LA CESSIONE AGEVOLATA DEI BENI AI SOCI

PARTE I – DISCIPLINA AI FINI DELLE IMPOSTE SUI REDDITI E DELL’IRAP

Il regime agevolativo di cui ai commi 115 e seguenti dell’articolo 1, che prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva sulla plusvalenza da assegnazione, trova applicazione anche nei casi di cessione di beni ai soci.

Per individuare l’ambito oggettivo di applicazione, valgono le precisazioni contenute nel precedente Capitolo I, parte I, paragrafo 3.

Circa la nozione di cessione si precisa che la stessa, oltre alla compravendita, comprende altri negozi (a titolo meramente esemplificativo si pensi alla permuta, alla datio in solutum ed al conferimento in società).

Il secondo periodo del comma 117 prevede che “In caso di cessione, ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva, il corrispettivo della cessione, se inferiore al valore normale del bene, determinato ai sensi dell’articolo 9 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, o in alternativa, ai sensi del primo periodo, è computato in misura non inferiore ad uno dei due valori”.

In altri termini, il corrispettivo della cessione assume rilievo soltanto quando lo stesso è pari o superiore al valore normale determinato secondo le indicazioni precedentemente fornite.

Con riferimento agli effetti della cessione sul bene acquistato dal cessionario, si precisa che il costo fiscalmente riconosciuto del bene medesimo, da assumere da parte del cessionario stesso, è costituito dal corrispettivo pattuito per la cessione, a prescindere dal valore normale eventualmente utilizzato dalla società cedente ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva.

Le società che si avvalgono delle disposizioni della norma in esame devono versare il 60 per cento dell’imposta sostitutiva entro il 30 novembre 2016 e la restante parte entro il 16 giugno 2017. Con riferimento al perfezionamento dell’esercizio dell’opzione si rinvia a quanto precisato nel precedente paragrafo 5, Parte I, Capitolo I.

Si precisa che ai fini dell’applicazione della disposizione di cui all’art. 67, comma 1, lett. b), del T.U.I.R., che prevede l’imponibilità delle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquisiti da non più di cinque anni, l’operazione di cessione fissa il giorno a partire dal quale decorre il quinquennio di osservazione . Il socio assegnatario può, quindi, cedere senza generare plusvalenze solo dopo che sono trascorsi almeno cinque anni dall’assegnazione dell’immobile.

PARTE II – DISCIPLINA AI FINI DELL’IVA E DEGLI ALTRI TRIBUTI INDIRETTI

La legge di stabilita 2016 ha previsto la possibilità di effettuare, oltre alle citate assegnazioni, anche le cessioni agevolate di beni ai soci. Alle cessioni di beni ai soci si applica la disciplina IVA ordinaria, come descritta per le assegnazioni (vedi par. 7), parte II, Capitolo I).

Resta inteso che, trattandosi di operazioni effettuate a titolo oneroso, la base imponibile sarà determinata secondo le regole ordinarie contenute nel primo comma dell’art. 13 del D.P.R. n. 633 del 1972, ai sensi del quale costituisce base imponibile l’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente.

Alle stesse conclusioni descritte per le assegnazioni agevolate ai soci (vedi par. 8), parte II, Capitolo I) deve giungersi, ai fini dell’imposta di registro, anche con riferimento agli atti aventi ad oggetto la cessione dei predetti beni ai soci ai sensi dell’articolo 1, comma 119, della legge n. 208 del 2015, in relazione ai quali le aliquote previste dagli articoli 1 e 7 della tariffa, parte prima, allegata al TUR trovano applicazione nella misura dimezzata.

Pertanto, anche per le cessioni di beni immobili la base imponibile da assoggettare a tassazione, ai fini dell’imposta di registro, può essere determinata in considerazione del valore catastale rivalutato.

CAPITOLO III – LA TRASFORMAZIONE AGEVOLATA IN SOCIETA’ SEMPLICE

PARTE I – DISCIPLINA AI FINI DELLE IMPOSTE SUI REDDITI E DELL’IRAP

L’ultimo periodo del comma 115 dell’art. 1 stabilisce che le agevolazioni previste per le assegnazioni e le cessioni dei beni ai soci si applicano alle società che entro il 30 settembre 2016 si trasformano in società semplici.

La trasformazione agevolata in società semplice, secondo quanto disposto dall’ultimo periodo del comma 115, è riservata alle società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei beni assegnabili dei quali si è trattato in precedenza.

A tale riguardo, si fa presente che il secondo periodo del comma 4 dell’art. 73 del T.U.I.R., stabilisce che per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto.

Occorre evidenziare il caso in cui, accanto ad un’attività di gestione passiva che si manifesta con la mera percezione di canoni di locazione/affitto relativi ad una pluralità di immobili, si ponga in essere un’attività consistente nell’esecuzione di una serie di servizi complementari e funzionali alla utilizzazione unitaria del complesso immobiliare, con finalità diverse dal mero godimento dello stesso. Trattasi, ad esempio, del caso di una società che gestisce degli immobili che fanno parte di complessi immobiliari aventi destinazione unitaria quali villaggi turistici, centri sportivi, gallerie commerciali.

La prestazione di tali servizi può risultare essenziale e determinante, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, tale da qualificare la società tra quelle non rientranti nel novero delle cd immobiliari di gestione a cui è applicabile la disciplina della trasformazione agevolata in esame. A tal fine si rinvia ai criteri enunciati nel capitolo 4 della circolare n. 7/E del 29 marzo 2013.

La trasformazione in società semplice in via agevolata può essere effettuata soltanto se all’atto della trasformazione la compagine sociale è composta dagli stessi soci che erano tali alla data del 30 settembre 2015.

La necessità che la compagine sociale alla data della trasformazione non comprenda nuovi soci, deriva dalla circostanza che gli effetti della trasformazione agevolata coinvolgono tutti i soci della società trasformata.

Si precisa altresì che è ininfluente, ai fini di cui trattasi, la circostanza che alla data della trasformazione la percentuale di partecipazione del capitale da parte dei singoli soci sia variata rispetto a quella da questi posseduta alla data del 30 settembre 2015.

La trasformazione in regime agevolato delle società che gestiscono terreni agricoli non trova preclusioni, sempreché le predette società abbiano ad oggetto la gestione esclusiva o principale dei terreni ad uso agricolo.

Con riferimento all’ambito oggettivo di applicazione della disciplina di trasformazione agevolata e della determinazione della base imponibile ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva, valgono le medesime precisazioni contenute per l’assegnazione nel precedente Capitolo I, parte I, rispettivamente, paragrafo 3 e paragrafo 4.

Al riguardo, si evidenzia che è possibile beneficiare della disciplina in esame anche con riferimento ai casi in cui la società risulti titolare di un diritto reale parziale sui beni (ad esempio, sia titolare della nuda proprietà e abbia dato in usufrutto o in abitazione il bene al socio) e intenda procedere alla trasformazione in società semplice.

Anche in tal caso, infatti, appare soddisfatta la finalità della norma agevolativa – che intende favorire la circolazione degli immobili in modo da poter essere nuovamente immessi nel mercato – considerato che i beni fuoriescono, comunque, dal patrimonio della società che si trasforma per confluire in quello della società semplice risultante dalla trasformazione.

In presenza di una operazione di trasformazione in società semplice, i beni che non possono godere dell’agevolazione in argomento, in quanto all’atto della trasformazione non possiedono le necessarie caratteristiche richieste dalla norma, devono essere assoggettati a tassazione con i criteri ordinari, configurandosi in tale ipotesi una fattispecie riconducibile alle previsioni dell’art. 85, comma 2 e dell’art. 86, comma 1, lettera c) del T.U.I.R.

Ciò è coerente con il principio secondo cui la trasformazione da società commerciale in società semplice e, quindi, il passaggio da un soggetto esercente attività d’impresa ad un altro cui detta attività (per espressa previsione civilistica) è preclusa, non è neutrale dal punto di vista fiscale, ma costituisce un’ipotesi di destinazione dei beni a finalità estranee all’esercizio d’impresa (cfr. circolare 27/E del 2007). Con particolare riferimento alle riserve costituite prima della trasformazione, si ritiene che le stesse siano da imputare ai soci nel periodo d’imposta successivo alla trasformazione con conseguente tassazione secondo le ordinarie regole.

Anche nel caso di trasformazione, per la determinazione della base imponibile cui commisurare l’imposta sostitutiva, si applicano le medesime disposizioni precedentemente illustrate con riferimento alle assegnazioni.

Le società che si avvalgono delle disposizioni della norma in esame devono versare il 60 per cento dell’imposta sostitutiva entro il 30 novembre 2016 e la restante parte entro il 16 giugno 2017. Con riferimento al perfezionamento dell’esercizio dell’opzione si rinvia a quanto precisato nel precedente paragrafo 5, Parte I, Capitolo I.

Sempre in relazione alle ipotesi di trasformazione, il primo periodo del comma 118 dell’art. 1 dispone che il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute dai soci delle società trasformate va aumentato della differenza assoggettata ad imposta sostitutiva.

Si precisa, inoltre, che ai fini dell’applicazione della disposizione di cui all’art. 67, comma 1, lett. b), del T.U.I.R., che prevede l’imponibilità delle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquisiti da non più di cinque anni, l’operazione di trasformazione in società semplice non interrompe il termine di decorrenza del quinquennio.

PARTE II – DISCIPLINA AI FINI DELL’IVA E DEGLI ALTRI TRIBUTI INDIRETTI

Per quanto concerne l’IVA, occorre premettere che l’art. 2, comma 3, lett. f), del D.P.R. n. 633 del 1972 esclude dall’ambito di applicazione del tributo i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società e di analoghe operazioni poste in essere da altri enti.

La società semplice, che ha come oggetto esclusivo o principale la gestione dei beni, non svolge attività rilevante ai fini dell’IVA, in quanto ai sensi dell’art. 4, secondo comma, n. 2), del D.P.R. n. 633 del 1972, svolgono attività d’impresa solo gli enti pubblici e privati, le associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica e le società semplici che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole. Poiché ai fini civilistici le società semplici non possono svolgere attività commerciali (art. 2249 c.c.), la disposizione recata dall’art. 4, secondo comma, n. 2), citato, deve essere limitata, per le società semplici, al solo svolgimento di attività agricole.

L’assenza della qualifica imprenditoriale in capo alla società semplice, avente come oggetto esclusivo o principale la gestione di beni, comporta che la trasformazione di una società commerciale in una società semplice di mera gestione immobiliare determina la cessazione dell’attività imprenditoriale, configurando un’ipotesi di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 5), del D.P.R. n. 633 del 1972.

L’operazione di trasformazione realizza, pertanto, il presupposto oggettivo dell’IVA (qualora sia stata effettuata all’atto dell’acquisto dei beni la detrazione dell’imposta) e viene assoggettata alle stesse regole delineate in materia di assegnazione di beni ai soci al paragrafo 1), parte III, Capitolo I), per quanto riguarda sia la qualificazione dell’operazione, sia i criteri di determinazione della base imponibile di cui all’art. 13, comma 2, lett. c), del D.P.R. n. 633 del 1972, sia, infine, la procedura della rettifica delle detrazioni.

Si precisa, inoltre, che, ai fini dell’imposta di registro, nell’ipotesi in cui una delle società di cui al comma 115 si trasformi entro il 30 settembre 2016 in società semplice, si applica ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera c), della tariffa, parte prima, allegata al TUR, l’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro.

CAPITOLO IV – ESTROMISSIONE DEGLI IMMOBILI STRUMENTALI DALL’IMPRESA INDIVIDUALE

Premessa

L’articolo 1, comma 121, della legge n. 208 del 2015 dà facoltà agli imprenditori individuali di procedere all’esclusione dei beni immobili strumentali dal patrimonio dell’impresa, mediante il pagamento di una imposta sostitutiva.

In particolare, l’esclusione potrà interessare tutti gli immobili strumentali di cui all’articolo 43, comma 2, del TUIR, siano essi strumentali per natura che per destinazione, posseduti dall’imprenditore individuale alla data del 31 ottobre 2015.

L’opzione per l’esclusione dovrà essere esercitata entro il 31 maggio 2016 ed avrà effetti a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 1° gennaio 2016.

La disposizione agevolativa in esame, che consente all’imprenditore individuale una maggiore flessibilità in ordine alla definizione dell’assetto patrimoniale della propria impresa, ripropone nella sostanza una disciplina già conosciuta dal nostro ordinamento, in quanto introdotta dapprima con l’articolo 58 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, riproposta con l’articolo 3, commi da 4 a 6, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002) e da ultimo con l’articolo 1, comma 37, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

L’esclusione dell’immobile dal patrimonio comporta il pagamento di una imposta sostitutiva dell’IRPEF e dell’IRAP nella misura dell’8 per cento della differenza tra il valore normale dei beni e il relativo valore fiscale.

1 Soggetti interessati

Possono avvalersi dell’agevolazione in commento i soggetti che alla data del 31 ottobre 2015 rivestono la qualifica di imprenditore individuale e la conservano fino al 1° gennaio 2016, data a partire dalla quale assume rilevanza l’esclusione dei beni immobili dal patrimonio dell’impresa.

Possono fruire dell’agevolazione in commento anche le imprese individuali che alle predette date versano in stato di liquidazione.

Al contrario, la facoltà di fruire dell’agevolazione è preclusa se, al 1° gennaio 2016, la qualifica di imprenditore individuale sia venuta meno; in tale ipotesi, infatti, si è già verificato il presupposto per l’attribuzione del bene alla sfera patrimoniale privata dell’imprenditore, con la conseguente applicazione dell’imposta ordinaria sulle plusvalenze eventualmente realizzate.

Non è dato avvalersi dell’agevolazione nel caso in cui l’unica azienda dell’imprenditore individuale sia stata concessa in affitto o in usufrutto anteriormente al 1° gennaio 2016, atteso che per l’intera durata dell’affitto o della concessione viene a cessare l’attività d’impresa, come si desume, agli effetti delle imposte sui redditi, dall’articolo 67, comma 1, lettera h), del TUIR. In tale ipotesi tutti i beni che fanno parte dell’azienda concessa in affitto restano beni relativi all’impresa e, in caso di successiva cessione dell’azienda stessa, concorreranno alla formazione dell’eventuale plusvalenza realizzata.

La disciplina in esame non è applicabile, inoltre, nei confronti degli enti non commerciali, considerato che gli stessi non sono espressamente richiamati dal comma 121 in commento.

L’estromissione può essere effettuata dall’erede dell’imprenditore deceduto successivamente al 31 ottobre 2015, a condizione che l’opzione sia esercitata dall’erede che abbia proseguito l’attività del de cuius in forma individuale.

Analoga facoltà è concessa anche al donatario dell’azienda che abbia proseguito l’attività imprenditoriale del donante; in tal caso si ricorda che ai sensi dell’articolo 58, comma 1, del TUIR, l’azienda è assunta ai medesimi valori riconosciuti nei confronti del dante causa.

2 I beni suscettibili di estromissione

L’esclusione dal patrimonio dell’impresa disciplinata dalla disposizione in commento riguarda i beni immobili strumentali di cui all’articolo 43, comma 2, del TUIR, posseduti dall’imprenditore alla data del 31 ottobre 2015 e precisamente i beni immobili:

– strumentali per destinazione, che sono utilizzati cioè esclusivamente per l’esercizio dell’impresa indipendentemente dalle caratteristiche specifiche;

– strumentali per natura, cioè “che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni” e che si considerano strumentali anche se non utilizzati direttamente dall’imprenditore o anche se dati in locazione o comodato.

Sono strumentali per natura gli immobili rientranti nei gruppi catastali B, C, D, ed E e nella categoria A/10 qualora la destinazione ad ufficio sia prevista nella licenza o concessione edilizia, anche in sanatoria.

Considerato il carattere oggettivo della strumentalità per natura, gli immobili così qualificati possono essere estromessi dal regime di impresa anche se non siano impiegati nel ciclo produttivo dell’impresa o non lo siano direttamente, perché dati a terzi in locazione o comodato.

Per quanto riguarda, invece, gli immobili strumentali per destinazione, l’agevolazione troverà applicazione solo con riferimento a quelli utilizzati dall’imprenditore in maniera esclusiva e diretta per l’esercizio dell’impresa.

Il carattere strumentale dell’immobile deve essere verificato alla data del 31 ottobre 2015.

Qualora successivamente a tale data, l’immobile venga a qualsiasi titolo concesso in uso a terzi, la possibilità di procedere alla sua esclusione dal patrimonio dell’impresa, secondo le regole dettate dalla norma in commento, non viene meno.

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 65, comma 1, del TUIR, gli immobili strumentali per natura o per destinazione di cui all’articolo 43, comma 2 del TUIR, si considerano relativi all’impresa individuale solo se annotati nell’inventario o, per le imprese in contabilità semplificata, nel registro dei beni ammortizzabili.

Tale previsione normativa, già contemplata nel previgente articolo 77, è stata introdotta dalla legge 30 dicembre 1991 n. 413, con decorrenza dal periodo d’imposta 2002.

Si ricorda che prima dell’entrata in vigore della legge n. 413 del 1991 gli immobili strumentali per destinazione erano sempre considerati relativi all’impresa, anche se non indicati nell’inventario, mentre l’indicazione nell’inventario era richiesta solo per gli immobili strumentali per natura.

Ne consegue che, per gli immobili strumentali per natura, l’esclusione dal patrimonio può essere effettuata solo se gli stessi risultano indicati in inventario.

Per gli immobili strumentali per destinazione, al contrario, occorre distinguere a seconda che siano stati acquisiti fino al 31 dicembre 1991, ovvero successivamente.

a) Immobili strumentali per destinazione acquisiti a partire dal 1° gennaio 1992:

possono essere esclusi dal patrimonio se indicati nell’inventario o, per i soggetti ammessi al regime di contabilità semplificata, nel registro dei beni ammortizzabili. I beni immobili che non soddisfano tale requisito non possono essere oggetto dell’estromissione (al pari dei beni adibiti promiscuamente all’esercizio d’impresa) in quanto non si considerano beni relativi all’impresa, ma beni già appartenenti alla sfera privata dell’imprenditore;

b) Immobili strumentali per destinazione acquisiti fino al 31 dicembre 1991:

possono essere estromessi anche se non indicati nell’inventario; si tratta degli immobili che l’imprenditore già utilizzava esclusivamente per l’esercizio dell’impresa al 31 dicembre 1991, per i quali, ovviamente, non sia già stata esercitata l’opzione per l’esclusione.

Come anticipato, tali immobili, anche dopo le modifiche al TUIR introdotte dalla legge n. 413 del 1991, continuano ad essere considerati relativi all’impresa, pur se non indicati nell’inventario, e possono essere estromessi a condizione che alla data del 31 ottobre 2015 siano utilizzati come beni strumentali dall’imprenditore nella propria attività d’impresa.

Non possono, in ogni caso, essere estromessi gli immobili che:

– costituiscono beni “merce”;

– anche se indicati nell’inventario, non sono strumentali né per natura né per destinazione.

Resta inteso che, l’opzione per l’estromissione agevolata non può essere effettuata se, anteriormente al 1° gennaio 2016, gli immobili siano stati ceduti o già destinati a finalità estranee all’esercizio di impresa, ai sensi dell’articolo 86, comma 1, del TUIR.

Possono essere oggetto di esclusione dal patrimonio anche gli immobili posseduti dall’imprenditore in comunione, ovviamente per la sola quota di pertinenza dell’imprenditore.

3 Modalità di esercizio dell’opzione

L’opzione per fruire dell’agevolazione deve essere effettuata entro il 31 maggio 2016 ed ha effetto dal periodo d’imposta in corso alla data del 1° gennaio 2016.

L’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997 n. 442, nel disciplinare le modalità di esercizio delle opzioni e delle revoche di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili, attribuisce rilevanza al comportamento concludente del contribuente. Anche per l’esercizio dell’opzione in commento, assumono rilevanza adempimenti dell’imprenditore che presuppongano la volontà di escludere i beni immobili strumentali per destinazione dal patrimonio dell’impresa, fermo restando il perfezionamento dell’opzione con l’indicazione nella dichiarazione dei redditi.

Ad esempio, può considerarsi comportamento che esprime in modo concludente la volontà di estromettere gli immobili la contabilizzazione dell’estromissione sul libro giornale (nel caso di impresa in contabilità ordinaria) oppure sul registro dei beni ammortizzabili (nel caso di impresa in contabilità semplificata).

Si evidenzia che l’esercizio dell’opzione per l’estromissione dei beni deve ritenersi perfezionato con l’indicazione in dichiarazione dei redditi dei valori dei beni estromessi e della relativa imposta sostitutiva (cfr. risoluzione n. 82/E del 30 marzo 2009).

Pertanto, l’omesso, insufficiente e/o tardivo versamento della relativa imposta sostitutiva non rileva ai fini del perfezionamento dell’estromissione. In tal caso, l’imposta sostitutiva non versata è iscritta a ruolo ai sensi degli articoli 10 e seguenti del DPR 29 settembre 1973, n. 602, fermo restando la possibilità per il contribuente di avvalersi delle disposizioni contenute nell’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 (cosiddetto “ravvedimento operoso”).

Si ricorda, inoltre, che l’eventuale mancata compilazione della corrispondente sezione del Modello Unico PF – relativa all’operazione di estromissione dei beni – può essere sanata al più tardi entro i termini di cui all’articolo 2, comma 7, del D.P.R. n. 322 del 1998, (i.e. entro novanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi).

4 Base imponibile

La base imponibile dell’imposta sostitutiva è data dalla differenza tra il valore normale dei beni ed il relativo valore fiscalmente riconosciuto.

Quest’ultimo è determinato assumendo il valore iscritto nel libro degli inventari oppure nel registro dei beni ammortizzabili, al netto delle quote di ammortamento fiscalmente dedotte fino al periodo d’imposta 2015 e tenendo conto di eventuali rivalutazioni fiscalmente rilevanti.

Si ricorda che – ai sensi dell’articolo 36, comma 7, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 – il costo dei fabbricati, ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, va assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza, per cui nella determinazione del valore fiscalmente riconosciuto degli stessi occorrerà tenere conto anche del valore attribuito alle aree occupate dalla costruzione al lordo degli ammortamenti fiscalmente non deducibili.

Per effetto del rinvio contenuto dal comma 121 al comma 117, deve ritenersi che l’imprenditore individuale possa determinare il valore normale degli immobili, in luogo della disciplina ordinaria prevista dall’art. 9 del T.U.I.R., in base all’applicazione all’ammontare delle rendite risultanti in catasto dei moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo del comma 4 dell’articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131. Al riguardo, si rinvia alle precisazioni contenute al Capitolo I, parte I, paragrafo 4.

L’opzione per l’estromissione è consentita anche nell’ipotesi in cui non vi sia differenza, tra il valore normale dei beni ed il relativo valore fiscalmente riconosciuto, da assoggettare ad imposta sostitutiva. L’assenza di base imponibile non preclude, tuttavia, la possibilità di fruire della disciplina in esame.

Nel caso in cui l’immobile sia posseduto in comunione, rileva solo la quota parte del valore normale di pertinenza dell’imprenditore.

5 Il versamento dell’imposta sostitutiva

L’esclusione dei beni dal patrimonio dell’impresa comporta il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e dell’IRAP in misura pari all’8 per cento della differenza tra il valore normale ed il valore fiscalmente riconosciuto di ciascun bene che si intende estromettere.

Gli imprenditori individuali che si avvalgono delle disposizioni della norma in esame devono versare il 60 per cento dell’imposta sostitutiva entro il 30 novembre 2016 e la restante parte entro il 16 giugno 2017 secondo le modalità indicate nel precedente paragrafo 5, Parte I, Capitolo I.

6 Disciplina ai fini dell’IVA

Ai fini IVA, l’esclusione da parte dell’imprenditore individuale di beni immobili strumentali dal patrimonio dell’impresa realizza un’ipotesi di destinazione a finalità estranee all’esercizio d’impresa, ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 5) del D.P.R. n. 633 del 1972.

Ai sensi della citata norma, infatti, costituisce una cessione di beni “la destinazione di beni all’uso o al consumo personale o familiare dell’imprenditore (…) o ad altre finalità estranee all’impresa (…) con esclusione di quelli per i quali non è stata operata, all’atto dell’acquisto, la detrazione dell’imposta di cui all’art. 19”.

L’eventuale estromissione di immobili strumentali da parte dell’imprenditore individuale segue, quindi, la medesima disciplina IVA descritta per le assegnazioni (vedi par. 7), parte II, Capitolo I).

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Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA

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