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Unico 2016, cosa non va dichiarato! Lavoro accessorio e borse di studio.

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Nel presente lavoro vedremo quali sono i redditi percepiti nell’anno 2015 e che non vanno dichiarati nel modello Unico (o nel 730), perché esenti da qualunque imposizione, ci riferiamo agli importi incassati con i voucher per le prestazioni di lavoro accessorio o quelli per alcune borse di studio.

Voucher

Il compenso corrisposto tramite voucher ai prestatori di lavoro accessorio «è esente da qualsiasi imposizione fiscale», quindi, non concorre alla formazione del reddito complessivo del percettore (articolo 49, comma 4, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81).

Non rileva neanche per il calcolo dei familiari a carico (reddito complessivo non superiore a 2.840,51 euro).

Dal 25 giugno 2015 sono stati alzati i limiti (rivalutabili annualmente) dei compensi netti, percepibili annualmente da tutti i committenti, da 5.000 euro a 7.000 euro (9.333 euro lordi).

Il limite per le attività lavorative svolte a favore di ciascun singolo committente imprenditore o professionista, invece, è rimasto di 2.000 euro, rivalutabili annualmente, quindi, per il 2015, di 2.020 euro netti e di 2.693 euro lordi (circolare Inps n. 149/2015).

Si tratta di importi al lordo dell’Inps e dell’Inail, ma non dell’Irpef, in quanto su questi compensi non vi è alcuna imposizione fiscale. In pratica, per un voucher del valore nominale orario di 10 euro, il concessionario del servizio eroga l’importo del compenso netto, pari a 7,50 euro, dopo aver detratto i contributi previdenziali, che verserà alla gestione separata dell’Inps (13% del valore nominale del buono), i contributi assicurativi contro gli infortuni, che verserà all’Inail (7% del valore), e il suo rimborso spese per il servizio (5%). Il percettore, quindi, non deve tassare questi importi nel modello Unico o nel 730, neanche se ha percepito altri redditi imponibili ai fini Irpef.

Le prestazioni di lavoro accessorio, pagate con i voucher, in generale sono “attività lavorative di carattere occasionale” (circolare Inps 29 marzo 2013, n. 49, paragrafo 7 e circolare del ministero del Lavoro n. 4/2013), pertanto, vanno inserite nella voce B.7 del conto economico delle imprese erogatrici e conseguentemente sono indeducibili ai fini Irap, come gli altri compensi per lavoro occasionale (rigo IC43 del modello Irap 2016).

Lavoro occasionale

Anche dopo l’entrata in vigore del jobs act sono ancora possibili i cosiddetti lavori occasionali per prestazioni d’opera dell’articolo 2222, Codice civile, che vanno tassati ai fini Irpef come redditi diversi (articolo 67, lettera l, Tuir ).

È considerato lavoratore autonomo occasionale il soggetto che si obbliga a compiere un’opera o un servizio, in maniera del tutto occasionale, senza i requisiti della professionalità e della prevalenza, con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione e senza alcun coordinamento con il committente (circolare Inps 6 luglio 2004 n. 103, paragrafo 4).

Non è più in vigore l’articolo 61, comma 2, Dlgs 10 settembre 2003, n. 276 , che faceva ricomprendere nelle co.co.pro. le prestazioni occasionali con durata superiore a 30 giorni con lo stesso committente o con compensi totali superiori a 5.000 euro nel medesimo anno.

Questi redditi vanno dichiarati nei quadri RL di Unico PF o D del 730 e va recuperata la ritenuta d’acconto del 20% applicata dal sostituto d’imposta (codice tributo 1040).

Come prima, l’iscrizione alla gestione separata Inps è obbligatoria se il «reddito annuo derivante da dette attività» è superiore a 5.000 euro (articolo 44, comma 2, decreto legge 30 settembre 2003, n. 269) e l’obbligo contributivo riguarda esclusivamente la quota di reddito eccedente. Si parla di «reddito annuo derivante da tale attività» (non di volume d’affari), quindi, di compensi, al netto delle eventuali spese collegate.

Questo limite previdenziale vale anche per gli «incaricati alle vendite a domicilio» (articolo 19 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114), i quali devono anche aprire la partita Iva, se superano i 5.000 euro. Questa attività, infatti, ha carattere occasionale sino al conseguimento di un reddito annuo non superiore a 5.000 euro (articolo 3, comma 4, legge 17 agosto 2005, n. 173). Questa norma non ha valenza solo civilistica, ma anche fiscale.

Per le prestazioni occasionali, invece, non vi sono limiti che fanno scattare l’obbligo di apertura della partita Iva, la quale è obbligatoria se l’attività ha i caratteri di sistematicità e continuità che concretizzano i requisiti dell’abitualità, ancorché non esclusiva (risoluzione 27 gennaio 2006, n. 18/E).

Borse di studio

Le somme incassate a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, in generale, devono essere tassate come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, quindi, devono essere indicate nella certificazione unica ricevuta dal contribuente e devono essere già presenti nel quadro C del 730 o dell’Unico precompilati.

Tuttavia, ai sensi dell’articolo 4, legge 13 agosto 1984, n. 476, vi sono alcune borse di studio esenti da Irpef, come ad esempio quelle corrisposte dalle università e dagli istituti d’istruzione universitaria, in base alla legge 30 novembre 1989, n. 398; dalle Regioni (o Province autonome di Trento e Bolzano), in base alla legge 2 dicembre 1991, n. 390.

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