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Depenalizzato il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali

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Il D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, attuativo della L. 28 aprile 2014, n. 67, con la quale il Parlamento ha conferito delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria di taluni reati e per la contestuale introduzione di sanzioni amministrative e civili, ha previsto la depenalizzazione di numerose ipotesi di reato in materia di lavoro e previdenza obbligatoria, modificando in maniera significativa le norme sanzionatorie in materia di lavoro e legislazione sociale. Il Legislatore delegato fa salvi dalla trasformazione in illeciti amministrativi, in materia di lavoro, soltanto i reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Il provvedimento normativo in argomento, infatti, fa espressamente salvi dalla trasformazione in illeciti amministrativi alcuni reati socialmente deplorevoli in materia di igiene e sicurezza (elencati nell’allegato al provvedimento) come quelli previsti dal D.Lgs. 81/2008 (testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) e dalla L. 257/1992 (norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto).

Nell’ambito delle fattispecie oggetto dell’intervento, l’art. 3 disciplina un cospicuo numero di reati che hanno nel tempo trovato la loro regolamentazione fuori dal codice penale. In particolare, per quel che ci occupa, il co. 6, sostituisce il testo dell’art. 2, co. 1 bis, D.L. 463/1983 convertito, con modificazioni, dalla L. 638/1983, con riferimento alla rilevanza sanzionatoria degli omessi versamenti dei contributi previdenziali, per la quota corrispondente alle ritenute operate nei riguardi dei lavoratori, prevedendo la depenalizzazione del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali.

Le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti debbono essere versate e non possono essere portate a conguaglio con le somme anticipate dal datore di lavoro ai lavoratori per conto delle gestioni previdenziali ed assistenziali, e regolarmente denunciate alle gestioni stesse, tranne che a seguito di conguaglio tra gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate risulti un saldo attivo a favore del datore di lavoro.

Il suddetto art. 2, puniva con la reclusione fino a 3 anni e con la multa fino a euro 1.032 qualsiasi condotta illecita del datore di lavoro che operasse le ritenute previdenziali previste dalla legge sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e dei pensionati che lavorano alle sue dipendenze, senza provvedere al dovuto versamento all’Inps.

Il riscritto art. 2, co. 1 bis, D.L.  463/1983, diviene il seguente: «L‘omesso versamento delle ritenute di cui al co. 1, per un importo superiore a 10.000 euro l’anno è punito con la reclusione fino a 3 anni e con la multa fino a 1.032 euro. Se l’importo omesso non è superiore a 10.000 euro annui, si applica la sanzione amministrativa da euro 10.000 ad euro 50.000. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro 3 mesi dalla contestazione o della notifica dell’avvenuto accertamento della violazione».

Il novellato testo normativo, in vigore dal 6 febbraio 2016, opera adesso un distinguo legato al valore dell’omissione compiuta dal datore di lavoro, confermando la sanzione penale della reclusione fino a 3 anni congiunta alla multa fino a euro 1.032 per i soli omessi versamenti di importo superiore a euro 10.000 annui. In tutti i casi in cui l’importo della contribuzione omessa non supera i 10.000 euro per anno, al datore di lavoro si applicherà la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. In entrambi i casi il datore di lavoro non è punibile con la sanzione penale per le omissioni più gravi e non è assoggettabile neppure alla sanzione amministrativa per quelle sotto soglia, se versa quanto dovuto entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento della violazione.

NUOVE DISPOSIZIONI SANZIONATORIE DI CUI ALL’ART. 2, CO. 1 BIS, D.L. 463/1983

In caso di omissione al versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali, per un importo massimo di 10.000 euro, si pagherà una sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro. Per evitare la sanzione, l’azienda dovrà versare la contribuzione omessa entro 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento della violazione.

In caso di omissione al versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali, per un importo superiore a 10.000 euro, resta l’illecito penale che prevede la reclusione fino a 3 anni e una multa fino a 1.032 euro. Per evitare l’illecito penale l’azienda dovrà versare la contribuzione omessa entro 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento della violazione.

La distinzione fra reato e illecito amministrativo, riguarda sia i collaboratori coordinati e continuativi, sia i lavoratori agricoli, interessando la novella legislativa tanto l’art. 1, co. 1172, L. 296/2006 che ha esteso la fattispecie illecita dell’art. 2, co. 1-bis, D.L. 463/1983 all’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori subordinati in agricoltura, quanto l’art. 39, L. 183/2010 che ha esteso l’illecito all’omesso versamento delle ritenute operate sui compensi dei titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla gestione separata Inps di cui all’art. 2, co. 26, L. 8 agosto 1995, n. 335.

Prassi amministrativa

L’iter amministrativo previsto dall’art. 2, D.L. 463/1983, prevede le seguenti fasi: accertamento della violazione; contestazione o notificazione della stessa al datore di lavoro; tre mesi di tempo concessi a quest’ultimo per provvedere al versamento del dovuto. Decorso tale termine, durante il quale la prescrizione del reato rimane sospesa, la denuncia viene trasmessa all’autorità giudiziaria che dichiara la non punibilità del datore di lavoro nel caso abbia provveduto nel termine al versamento ovvero dispone, in caso contrario, la prosecuzione del processo. L’ipotesi delittuosa in trattazione integra una particolare forma di appropriazione indebita e, di conseguenza, per il suo perfezionamento, è necessaria l’effettiva corresponsione della retribuzione ai dipendenti, in assenza della quale il reato non è configurabile. Il termine «ritenuta», secondo costante interpretazione giurisprudenziale, indica «il fatto di trattenere, per varie ragioni o scopi, parte di una somma dovuta come stipendio, compenso od altro emolumento», con la ovvia conseguenza che difficilmente può configurarsi una ritenuta senza effettivo pagamento della somma dovuta ai lavoratori. Il reato o l’omissione si realizza alla scadenza del termine per il versamento delle ritenute stesse e non è punibile nel caso di versamento dei contributi dovuti entro il termine di tre mesi dal ricevimento della contestazione da parte dell’Inps o della Direzione Territoriale del Lavoro. Ai fini del computo del termine trimestrale per il pagamento, integrante la causa di non punibilità di cui all’art. 2 co. 1-bis, è richiesta l’effettiva sicura conoscenza, da parte del soggetto tenuto al versamento della contribuzione, dell’accertamento previdenziale svolto nei suoi confronti. L’ente previdenziale ha quindi l’obbligo di assicurare la regolarità della contestazione o della notifica dell’accertamento delle violazioni e attendere il decorso dei tre mesi in assenza di adempimento, prima di trasmettere la notizia di reato all’ufficio del Pubblico Ministero. Sarà, quindi, cura dello stesso P.M. e, di seguito, del giudice, verificare che l’imputato sia stato posto concretamente in condizione di avvalersi della causa di non punibilità. La contestazione effettuata dall’Inps, per essere valida, deve, necessariamente, indicare l’importo delle somme corrispondenti alle contribuzioni omesse e i periodi cui tali omissioni si riferiscono. Invero, la notifica dell’accertamento, per essere valida, non deve essere generica e non deve limitarsi ad indicare soltanto il periodo durante il quale non sarebbero state versate le contribuzioni, ma deve necessariamente indicare l’importo delle somme corrispondenti alle contribuzioni omesse, con invito a pagarle e messa in mora del datore di lavoro ed, infine, contenere l’avvertimento che il mancato pagamento delle specifiche somme ivi indicate comporta la punibilità per il reato. Il datore di lavoro risponde sempre e comunque ed è punibile per concorso in omesso versamento delle ritenute previdenziali anche qualora abbia dato incarico ad un terzo che poi non lo ha fatto.

Regime intertemporale

Il D.Lgs. 8/2016 prevede espressamente l’applicazione retroattiva delle sanzioni amministrative che sostituiscono le originarie sanzioni penali. L’art. 8, co. 1, statuisce che le nuove norme che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative, si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso, sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili. In tal caso, il successivo co. 3 dello stesso art. 8, stabilisce che ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore del D.Lgs.  8/2016, in ossequio al principio del favor rei, non può essere applicata una sanzione amministrativa pecuniaria per un importo superiore al massimo della pena originariamente inflitta per il reato, tenuto conto del criterio di ragguaglio di cui all’art. 135 del codice penale, pari a 250 euro o frazione di pena pecuniaria per ogni giorno di pena detentiva.

Il successivo art. 9, disciplina le modalità ed i tempi per la trasmissione, da parte dell’autorità giudiziaria, degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi all’autorità amministrativa competente ai fini dell’applicazione della normativa di cui trattasi. Viene previsto che entro 90 dalla data di entrata in vigore del decreto, devono essere trasmessi all’autorità amministrativa competente tutti gli atti relativi a procedimenti depenalizzati, salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa alla medesima data.

Se l’azione penale non è stata ancora esercitata, la trasmissione degli atti è disposta direttamente dal pubblico ministero che, in caso di procedimento già iscritto, annota la trasmissione nel registro delle notizie di reato. Se il reato risulta estinto per qualsiasi causa, il pubblico ministero richiede l’archiviazione a norma del codice di procedura penale; la richiesta ed il decreto del giudice che la accoglie possono avere ad oggetto anche elenchi cumulativi di procedimenti. Se l’azione penale è stata esercitata, il giudice pronuncia, ai sensi dell’art. 129, Codice di procedura penale, sentenza inappellabile perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, disponendo la trasmissione degli atti all’autorità amministrativa competente. Quando è stata pronunciata sentenza di condanna, il giudice dell’impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è previsto dalla legge come reato, decide sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. L’autorità amministrativa competente deve notifica gli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosettanta giorni dalla ricezione degli atti.

DEPENALIZZAZIONE dell’OMESSO VERSAMENTO DELLE RITENUTE PREVIDENZIALI

Il D.Lgs.  15 gennaio 2016 n. 8, prevede una generica depenalizzazione di tutte le violazioni (non soltanto riferibili al mondo del lavoro ma anche ad altri e diversi settori) per le quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda.

L’art. 3, co. 6, D.Lgs.  8/2016 sostituisce il co. 1 bis, art. 2, D.L. 463/1983, che contiene le sanzioni previste in caso di omesso versamento, da parte del datore di lavoro, della quota di contributi previdenziali a carico dei lavoratori (ivi compresi quelli relativi ai co.co.co. e iscritti alla gestione separata Inps).

L’art. 2, co. 1, D.L. 463/1983 prevede che le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti debbono essere versate e non possono essere portate a conguaglio con le somme anticipate dal datore di lavoro ai lavoratori per conto delle gestioni previdenziali ed assistenziali, tranne che a seguito di conguaglio tra gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate risulti un saldo attivo a favore del datore di lavoro.

La vecchia disposizione normativa puniva sempre con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032, l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti.

La novellata disposizione normativa stabilisce che:

  • l’omesso versamento delle ritenute per un importo superiore a euro 10.000 l’anno è punito con la reclusione fino a 3 anni e con la multa fino a euro 1.032;
  • l’omesso versamento delle ritenute per un importo inferiore a euro 10.000 l’anno, prevede l’applicazione della sanzione amministrativa da euro 10.000 a euro 50.000.

Il datore di lavoro non è punibile né assoggettabile alla sanzione amministrativa quando provvede al versamento delle ritenute entro 3 mesi dalla contestazione o della notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

Per il principio del «favor rei» e per espressa previsione del D.Lgs. 8/2016 le disposizioni che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto, sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o decreto divenuti irrevocabili.

Fonte: Frizzera

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