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L’Iva sull’estromissione agevolata di immobili

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L’imprenditore individuale può estromettere gli immobili strumentali dal patrimonio dell’impresa con il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’8%. Lo ha previsto la legge di Stabilità per il 2016. Ai fini IVA, l’operazione dà luogo ad una cessione “per assimilazione” se, a monte, l’imposta è stata detratta. L’estromissione può essere imponibile o esente da IVA, in funzione del prezzo di acquisto o di costo e, in caso di esenzione, occorre verificare l’obbligo di rettifica della detrazione per cambio di destinazione.

La legge di Stabilità per il 2016 ha previsto il ripristino delle dispositive agevolative in materia di imposte sui redditi per le assegnazioni e le cessioni ai soci di fabbricati strumentali per natura e di fabbricati di civile abitazione da parte di S.n.c., S.r.l., S.p.a. e S.a.p.a. e per l’estromissione dei fabbricati strumentali per natura e per destinazione posseduti dagli imprenditori individuali.

A quest’ultimo riguardo, l’imprenditore individuale che, alla data del 31 ottobre 2015, possiede immobili strumentali può, entro il 31 maggio 2016, optare per la loro esclusione dal patrimonio dell’impresa, con effetto dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2016, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e dell’IRAP nella misura dell’8% della differenza tra il valore normale degli immobili estromessi e il loro valore fiscalmente riconosciuto.

Dal punto di vista dell’IVA, la destinazione alla sfera privata o, comunque, estranea all’attività d’impresa, degli immobili oggetto di estromissione dà luogo ad una cessione assimilata”, ex art. 2, comma 2, n. 5), D.P.R. n. 633/1972. Affinché il presupposto oggettivo sia soddisfatto, è espressamente richiesto, in linea con l’art. 16 della direttiva n. 2006/112/CE, che l’imprenditore individuale abbia detratto l’imposta assolta a monte, cioè in sede di acquisto.

In caso negativo, che può ricorrere per esempio quando il fabbricato è stato acquistato prima del 1973, presso “privati consumatori” o per effetto dell’indetraibilità da pro rata, l’estromissione non dà luogo ad un’operazione rilevante ai fini IVA.

Di regola, per le cessioni di fabbricati strumentali che non soddisfano il presupposto impositivo è prevista l’applicazione dell’imposta di registro nella misura proporzionale del 9% (con un minimo di 1.000 euro) e delle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 50 euro ciascuna.

Dato, tuttavia, che l’immobile estromesso, pur mutando di destinazione, resta di proprietà dell’imprenditore, le imposte indirette in questione non sono dovute.

Se, invece, la detrazione è stata operata, l’estromissione assume rilevanza ai fini dell’IVA. In questa ipotesi, in base all’art. 10, comma 1, n. 8-ter), D.P.R. n. 633/1972, l’applicazione dell’IVA è facoltativa e presuppone che l’immobile sia estromesso dall’impresa che lo ha costruito entro 5 anni dalla data di ultimazione della costruzione; al di fuori di questa ipotesi, invece, si applica per obbligo il regime di esenzione.

In linea di principio, a prescindere dal trattamento IVA – di imponibilità o di esenzione – le cessioni di fabbricati strumentali sono soggette all’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro, mentre le imposte ipotecaria e catastale sono dovute nella misura proporzionale del 3% e dell’1%. Tuttavia, come in precedenza sottolineato, in assenza dell’effetto traslativo della proprietà, le imposte indirette in esame non vanno applicate.

La base imponibile deve essere calcolata con il criterio stabilito dall’art. 13, comma 2, lettera c), direttiva n. 2006/112/CE, vale a dire in funzione del prezzo di acquisto o, in mancanza, del prezzo di costo del fabbricato o di un fabbricato simile, laddove il prezzo di acquisto o di costo va determinato nel momento di effettuazione dell’operazione (nella specie, l’estromissione).

Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, per prezzo di acquisto del bene s’intende il valore residuo del bene stesso al momento della destinazione extra-imprenditoriale (sentenza 8 maggio 2013, C-142/12), che tiene quindi conto dell’eventuale deprezzamento o apprezzamento intervenuto rispetto alla data di acquisto.

Tenuto conto che l’art. 74 della direttiva n. 2006/112/CE, a differenza dell’art. 13, comma 2, lettera c), D.P.R. n. 633/1972, dà rilevanza al prezzo di acquisto dei beni simili, anziché al prezzo di costo dei beni simili, i giudici comunitari hanno affermato che il prezzo di costo può essere preso in considerazione per determinare la base imponibile solo in mancanza del prezzo di acquisto del bene o di un bene simile (sentenza 23 aprile 2015, C-16/14).

Nel caso, quindi, dell’immobile che il soggetto passivo non ha acquistato ma costruito, se esiste un bene simile sul mercato, la base imponibile dell’IVA dovuta in sede di estromissione è costituita dal prezzo di acquisto, al momento di tale destinazione, di un immobile simile, vale a dire “la cui situazione, dimensione e altre caratteristiche essenziali siano simili a quelle dell’immobile di cui trattasi”.

Assumendo come base imponibile il prezzo di acquisto, la relativa valorizzazione avviene in funzione del prezzo di mercato dell’immobile, “senza dover esaminare in dettaglio quali elementi di valore abbiano condotto a tale prezzo”.

Laddove l’estromissione dell’immobile sia esente da IVA occorre verificare l’eventuale obbligo di rettifica della detrazione operata “a monte”, sempreché non sia decorso il periodo decennale di “salvaguardia fiscale”. In particolare, la rettifica per “cambio di destinazione” dà luogo alla rettifica per tanti decimi quanti sono gli anni mancanti al compimento del decennio.

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